L'addio in sincro delle Fanchini Campionesse nella resilienza
Adesso che, in sincrono, nello stesso giorno e nello stesso modo, con un post su Facebook hanno annunciato l’addio allo sci, alle sorelle Elena e Nadia Fanchini si può assegnare una medaglia che nessun medagliere contempla. Alla resilienza. Medaglia di platino, honoris e doloris causa. L’hanno conquistata con due carriere costellate da una quantità impressionante di infortuni. Quasi direttamente proporzionali ai grandi podi conquistati. Tanto forti, per quella innata sensibilità nell’adattarsi alla neve e ai suoi pendii, quanto fragili nelle ossa, nei legamenti e nelle ginocchia.
Nel 2010 durante il super di Sankt Moritz, Nadia in un colpo solo, riuscì a firmare la lesione dei legamenti del crociato anteriore, posteriore e collaterali del ginocchio. Per non parlare del cuore (capriccioso) sempre di Nadia e del tumore (vinto) di Elena. La loro storia resta incastonata in quella di uno sci alpino azzurro che ne aveva fatto, fin da bambine, delle predestinate. Perché se uno l’x factor dello sci ce l’ha dentro, lo si vede fin da quando già nelle categorie cucciole e baby, mette in fila tutte le altre. E loro, ricorda chi ha aperto un bel po’ di cancelletti in gioventù, vincevano sempre. «Tante volte mi domando come sarebbe andata con un po’ di fortuna in più», scrive Nadia nel post dove racconta della sua più bella vittoria, il piccolo Alessandro nato 4 mesi fa dall’amore con Devid Salvadori. Ed è questa la domanda che gli appassionati si fanno, perché il palmares avrebbe potuto essere stratosferico nei 17 anni della sua carriera e di quella di Elena.
Dal debutto in Coppa del Mondo, Nadia ha partecipato a 240 gare, due vittorie, due medaglie mondiali (un bronzo in Val d’Isère nel 2009 e un argento a Schladming nel 2013, entrambe in discesa libera). La velocità come vizio di famiglia, prediletta anche da Elena, memorabile argento ai Mondiali di Bormio come punto più alto, a cui fa da contraltare la scoperta di un tumore alla vigilia dei Giochi di Pyeongchang. Avrebbe potuto fare sfracelli, il duo Fanchini, ma chiedersi perché non sia accaduto è inutile. Ogni atleta ha la sua storia. Sia Elena che Nadia lasciano un’impronta di dolcezza e gentilezza che il pubblico dello sci ha amato incondizionatamente. Forse quell’essere un pò «paperine» nella sfortuna le ha avvicinate alla vita di tanti che in loro si sono riconosciuti. Lo testimoniano le centinaia di commenti lasciati sul loro profilo. È arrivato il tempo del dopo, c’è la vita, l’amore, il piccolo Alessandro da crescere, ma lo sci resta dentro. Gli hanno detto addio, a 34 e 33 anni, nella stagione in cui sui prati verdi restano solo lembi di neve. Grazie, campionesse bresciane, spesso adottate a bergamasche. E molto di più che per quel fattore anagrafico che vi ha viste venire al mondo a Lovere.