«Test, ora basta confusione»
Ats e Ordine dei medici: i sierologici non servono a stabilire se una persona è contagiosa o no. Oggi altri 300
Iprimi test sierologici sono partiti da Alzano e Nembro, i due comuni da subito più colpiti dal Covid-19. Trecento persone sono state sottoposte al prelievo, oggi si proseguirà con altrettante, da lunedì anche sul resto del territorio. Ma c’è confusione. La sola certezza è che se l’esito è positivo, c’è stato un contatto con il virus e sono stati sviluppati gli anticorpi. Ma lo stesso dg dell’Ats e il presidente dell’Ordine dei medici avvertono: «I test non dicono che una persona non sia più contagiosa». E questo conta in vista della ripresa del lavoro.
Loredano Signorelli è tra i residenti di Alzano finiti in quarantena perché aveva stretto la mano al sindaco di Nembro Claudio Cancelli a fine febbraio, poco prima che risultasse positivo al Covid-19. Ieri è stato tra i primi, Signorelli, a essere sottoposto al prelievo del sangue, per il test sierologico. E quando è uscito ha dichiarato di fronte alle televisioni: «Questo test è importante, secondo me, per avere la certezza di non essere contagioso». Come lui, anche altri hanno detto la stessa cosa. È un errore, dovuto alla confusione che si è generata e si sta generando attorno ai nuovi test, che è enorme.
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Non facciamo confusione. Non servono per avere la certezza di non essere contagiosi per le altre persone Massimo Giupponi Direttore generale Ats
La fretta
Non è ancora chiaro di chi sia la colpa, forse anche della grande fretta che c’è stata nel farli partire: solo oggi scasteranno
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dranno i termini per la gara lanciata dalla Regione Lombardia per produrre 2 milioni di kit per i test sierologici (80 milioni di euro, il valore dell’appalto) ma intanto si è già deciso di utilizzare quelli messi a punto dalla Dia-Sorin in base alle indicazioni del San Matteo di Pavia. Giusto per dire che la fretta c’è stata, eccome. La chiarezza invece un po’ meno, se oltre a Loredano Signorelli anche le associazioni d’impresa bergamasche riponevano, fino a pochi giorni fa, grandi aspettative in questi nuovi esami.
A chi si sottopone ai test sierologici andrebbe detto che solo il tampone serve davvero per tornare al lavoro in sicurezza Guido Marinoni Presidente Ordine medici
Le certezze
I punti fermi sono pochi e requelli, a partire dalle indicazioni del direttore generale del San Matteo di Pavia Carlo Nicora: «I test sierologici servono a dirci chi ha sviluppato le difese immunitarie e chi, invece, è ancora disarmato». E cioè, l’indicazione che emerge dal sangue prelevato e analizzato è: l’anticorpo neutralizzante c’è (test positivo) o no (test negativo). E cosa significa? Chi ha l’anticorpo probabilmente non può contrarre di nuovo il virus (anche su questo punto c’è qualche dubbio della comunità scientifica, richiamato dal presidente dell’Ordine dei medici Guido Marinoni). Ma tendenzialmente è così: l’ha già debellato. «Ma non confondiamo gli esiti del test sierologico con la certezza di non essere contagiosi» ha dichiarato ieri ad Alzano il direttore generale dell’Ats Massimo Giupponi.
L’utilità
Quindi, è lecito chiedersi cosa li abbiamo fatti a fare, i test sierologici? «Sarà possibile definire una proiezione statistica dopo aver analizzato qualche migliaio di campioni, ora non so dire se dovremo arrivare a 4 o 5 mila, decideremo strada facendo — spiega Giupponi —. L’obiettivo è un dato epidemiologico, per capire in che percentuale la popolazione ha gli anticorpi». Per esempio: dovesse emergere che a maggio, verosimilmente, il 90% dei bergamaschi è immune, allora è chiaro che ci si potrebbe muovere in un certo modo rispetto alle restrizioni e i divieti. Ma i test sierologici non sono una garanzia per rientrare al lavoro, non escludono la contagiosità.
«Serve chiarezza»
«Non abbiamo la certezza che una persona con gli anticorpi non sia portatrice — aggiunge Marinoni —. L’unico modo per saperlo resta il tampone. Senza quello le persone non potrebbero tornare al lavoro.
E a chi viene convocato per il sierologico tutto questo andrebbe spiegato». Secondo il presidente dell’Ordine c’è un secondo errore, a monte: «Lo screening è utile, perché ci dice quante persone sono ancora suscettibili. Ma è più interessante avere il dato di quelle apparentemente sane, perché per chi è stato di fatto malato dobbiamo aspettarci una positività al test sierologico. E servirebbero ancora i tamponi». E cioè a chi è rimasto nel sommerso più sommerso, perché non ha mai avuto un parente stretto o una persona vicina che è risultata contagiata. Il tampone, quindi, resta la soluzione. Anche il sindaco Giorgio Gori, ieri, è tornato a chiedere di farne di più: «Il tampone va abbinato ai test sierologici». Scoprire di avere anticorpi è fondamentale, per esempio, per un medico che lavora in ambienti a rischio, come ha specificato la Regione Lombardia nella sua ultima circolare, invitando gli ospedali a sottoporre al prelievo i loro operatori del Pronto soccorso, o dell’ematologia. Ma sulla diffusione del contagio il tampone resta la chiave di volta.
Gli esiti
La ricerca epidemiologica, intanto, è partita. Ieri 300 persone sono state sottoposte al prelievo tra Alzano e Nembro. Altre 300 lo saranno oggi. «Anche entro fine settimana prossima, ma ribadisco che valuteremo strada facendo — ha detto ieri Giupponi — potremmo avere un numero utile per una proiezione. Ma vedremo. Uno o due giorni potrebbero anche bastare per gli esiti di una singola analisi. E da lunedì ci organizzeremo al meglio: c’è una disponibilità generalizzata dei centri di prelievo su tutto il territorio, in tutto un centinaio».
L’organizzazione