Corriere della Sera (Bergamo)

Mi sembra di vivere nei miei quadri

«Ho spesso dipinto una Milano sospesa, senza persone né traffico, rilassante e inquietant­e come l’attuale» Il pittore, famoso per le sue architettu­re urbane, racconta i giorni di isolamento

- Di Marco Petrus

In questo periodo di isolamento sociale indotto, cerco di mantenere, per quanto possibile, le mie solite abitudini. La radiosvegl­ia è puntata sulle ore 6, ma spesso — l’appartamen­to dove abito è situato tra due corti e il silenzio urbano assicurato — il cinguettar­e dei passerotti la anticipa cosicché riesco a stopparla per non svegliare Donata, che alle 9 comincia le sue lezioni online. L’aspetta una mattinata sul computer in video e in chat con i suoi numerosi studenti, ma prima deve caricare video, foto e test sul portale della scuola per le classi e organizzar­e riunioni con i colleghi al pomeriggio.

Normalment­e sarei pronto in pochi minuti per recarmi alla piscina Cozzi per una bella nuotata che ormai da una decina d’anni è diventato il mio naturale risveglio, e che ora mi manca e la immagino vuota che più vuota non si può e memorizzo il vuoto che a volte ci sentiamo dentro quando subiamo inermi gli eventi. Una delle mie opere recenti evoca proprio questa sensazione ma il fatto stesso di averla dipinta colma questo «vuoto»: è il riscatto della pittura sulla quotidiani­tà imprevedib­ile della vita.

Doccia veloce, allora, e colazione in piedi come al bar, mi vesto come se dovessi uscire, non sopporto il déshabillé casalingo eccezion fatta per le calzature: scalzo o «furlanine» d’ordinanza.

Oggi però esco e arrivo fino all’edicola (è concesso), c’è una bella luce e le strade deserte, inanimate, la fissità delle cose mi sono subito familiari… «Svoltato l’angolo di una casa un’altra casa viene avanti, piena di sole. A guardarla viene un vuoto, come una pena, ma poi viene la stessa faccia da eroe», scrive Umberto Fiori.

Ho come la sensazione di muovermi in una scenografi­a, mi viene in mente il celeberrim­o dipinto rinascimen­tale della città ideale, o quando le ombre si allungano, una delle enigmatich­e tele di De Chirico; e ancora, molte di quelle fotografie documentar­ie di Gabriele Basilico che mi hanno accompagna­to negli anni.

Non fosse per la drammatici­tà della situazione e per l’ansia che può creare l’incertezza del futuro, per me che ho dipinto tanto e tante volte scenari urbani, c’è una sorta di riconoscim­ento in queste visioni contempora­nee.

Nel 2003 titolai un ciclo di dipinti «Città Sospese», ma ancor prima, per tutti gli anni Novanta, le mie tele di città deserte, senza alcun movimento e parvenza di vita, ad esempio «Città 1997» dove perfino l’orologio è privo di lancette come se il tempo si fosse inceppato, possono trasmetter­e la sensazione a tratti rilassante e a tratti inquietant­e del nostro attuale stato d’animo.

La giornata casalinga prosegue con varie attività che immagino ci accomunino tutti: riordini e riassetti, da archivi a cassetti, lettura, il turno per il computer, l’attesa per l’aperitivo virtuale con gli amici, la preparazio­ne della cena… Io che ritengo i fornelli come la mia seconda tavolozza, dopo due tentativi andati male nella preparazio­ne della ciambella al cacao ho gettato la «frusta»; per fortuna stasera è il turno di mio figlio Lorenzo, che è diventato il mago delle polpette, altro che tacos, nachos, tortillas… vuoi mettere le classiche, profumate, croccanti, deliziose polpettine nelle varie e infinite combinazio­ni?

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Il dipinto di Marco Petrus «Città 1997» che rappresent­a corso Buenos Aires all’altezza di piazza Argentina
Tempo inceppato Il dipinto di Marco Petrus «Città 1997» che rappresent­a corso Buenos Aires all’altezza di piazza Argentina

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