Mi sembra di vivere nei miei quadri
«Ho spesso dipinto una Milano sospesa, senza persone né traffico, rilassante e inquietante come l’attuale» Il pittore, famoso per le sue architetture urbane, racconta i giorni di isolamento
In questo periodo di isolamento sociale indotto, cerco di mantenere, per quanto possibile, le mie solite abitudini. La radiosveglia è puntata sulle ore 6, ma spesso — l’appartamento dove abito è situato tra due corti e il silenzio urbano assicurato — il cinguettare dei passerotti la anticipa cosicché riesco a stopparla per non svegliare Donata, che alle 9 comincia le sue lezioni online. L’aspetta una mattinata sul computer in video e in chat con i suoi numerosi studenti, ma prima deve caricare video, foto e test sul portale della scuola per le classi e organizzare riunioni con i colleghi al pomeriggio.
Normalmente sarei pronto in pochi minuti per recarmi alla piscina Cozzi per una bella nuotata che ormai da una decina d’anni è diventato il mio naturale risveglio, e che ora mi manca e la immagino vuota che più vuota non si può e memorizzo il vuoto che a volte ci sentiamo dentro quando subiamo inermi gli eventi. Una delle mie opere recenti evoca proprio questa sensazione ma il fatto stesso di averla dipinta colma questo «vuoto»: è il riscatto della pittura sulla quotidianità imprevedibile della vita.
Doccia veloce, allora, e colazione in piedi come al bar, mi vesto come se dovessi uscire, non sopporto il déshabillé casalingo eccezion fatta per le calzature: scalzo o «furlanine» d’ordinanza.
Oggi però esco e arrivo fino all’edicola (è concesso), c’è una bella luce e le strade deserte, inanimate, la fissità delle cose mi sono subito familiari… «Svoltato l’angolo di una casa un’altra casa viene avanti, piena di sole. A guardarla viene un vuoto, come una pena, ma poi viene la stessa faccia da eroe», scrive Umberto Fiori.
Ho come la sensazione di muovermi in una scenografia, mi viene in mente il celeberrimo dipinto rinascimentale della città ideale, o quando le ombre si allungano, una delle enigmatiche tele di De Chirico; e ancora, molte di quelle fotografie documentarie di Gabriele Basilico che mi hanno accompagnato negli anni.
Non fosse per la drammaticità della situazione e per l’ansia che può creare l’incertezza del futuro, per me che ho dipinto tanto e tante volte scenari urbani, c’è una sorta di riconoscimento in queste visioni contemporanee.
Nel 2003 titolai un ciclo di dipinti «Città Sospese», ma ancor prima, per tutti gli anni Novanta, le mie tele di città deserte, senza alcun movimento e parvenza di vita, ad esempio «Città 1997» dove perfino l’orologio è privo di lancette come se il tempo si fosse inceppato, possono trasmettere la sensazione a tratti rilassante e a tratti inquietante del nostro attuale stato d’animo.
La giornata casalinga prosegue con varie attività che immagino ci accomunino tutti: riordini e riassetti, da archivi a cassetti, lettura, il turno per il computer, l’attesa per l’aperitivo virtuale con gli amici, la preparazione della cena… Io che ritengo i fornelli come la mia seconda tavolozza, dopo due tentativi andati male nella preparazione della ciambella al cacao ho gettato la «frusta»; per fortuna stasera è il turno di mio figlio Lorenzo, che è diventato il mago delle polpette, altro che tacos, nachos, tortillas… vuoi mettere le classiche, profumate, croccanti, deliziose polpettine nelle varie e infinite combinazioni?