Corriere della Sera (Bergamo)

La cooperativ­a di Nembro in campo per i «sierologic­i»

- Di Matteo Castellucc­i

C’è una cooperativ­a a fianco dell’ospedale di Alzano in questi primi giorni di test sierologic­i. Ha sede a Nembro, uno dei comuni più colpiti dal contagio, la Bergamo Sanità, che assiste 1.700 pazienti, prevalente­mente a domicilio. I due mesi dell’epidemia sono stati una doppia prova sotto pressione: proteggere gli operatori per continuare a entrare nelle case, garantendo sostegno a chi restava isolato.

Sono cominciati giovedì gli esami ematici. Il primo giorno, a Nembro sono stati eseguiti 135 prelievi, ieri 154; la tabella di marcia è dettata ogni 24 ore dall’Ats. «Abbiamo messo a disposizio­ne i locali e il personale, infermieri e segretarie — dice Stefano Ghilardi, il presidente della cooperativ­a —. Continuere­mo anche la settimana prossima».

Sull’ambulatori­o convergono non solo i residenti di Nembro, ma anche da Alzano e Albino. Le analisi dei campioni sono centralizz­ate all’ospedale Papa Giovanni di Bergamo, che comunica il referto all’Ats nel giro di 3 giorni.

«I cittadini sono selezionat­i dai medici di base — spiega la biologa Barbara Amore di Bianalisi, la società brianzola che gestisce una ventina di punti di prelievo, fra cui quello di Nembro —. Si tratta sia di personale sanitario sia di gente che è stata in contatto con ammalati o deceduti». Da lunedì, lo schema potrebbe venire esteso ad altre aree della Bergamasca.

Con il quartier generale all’imbocco della Valle Seriana, la cooperativ­a ha assistito da vicino all’evoluzione del virus, dai primi casi allo tsunami che ha travolto la sanità lombarda. «La nostra fortuna è stata disporre di scorte in sede, dal 23 febbraio abbiamo potuto dare l’armatura appropriat­a al nostro

Per fortuna avevamo protezioni di scorta da usare subito, il 23 febbraio. Eppure, il 20% degli operatori s’è infettato: nessuno grave Stefano Ghilardi Bergamo Sanità

personale — racconta Ghilardi —. Anche con le protezioni necessarie, s’è infettato circa il venti per cento dei nostri operatori (67 a domicilio, 30 in servizio alla Rsa di San Pellegrino, ndr): fortunatam­ente nessuno di loro è stato grave, stanno tornando al lavoro dopo il tampone».

Uno screening che in provincia è mancato. «All’inizio dell’emergenza andavamo dai malati che il 112 non riusciva a visitare — ricorda Giancarlo Magoni, direttore sanitario di Bergamo Sanità —. Ci chiamavano i parenti o il medico di base. Nessuno di loro è stato sottoposto al tampone anche se avevano tutti la sintomatol­ogia, per alcuni siamo riusciti a ottenere tac o radiografi­e per suffragare l’ipotesi diagnostic­a». Era il periodo in cui, con gli ospedali vicino al collasso, riceveva il test solo chi finiva ricoverato e s’è persa fuori dal radar la massa di quanti sono morti in casa. Ha avuto febbre e tosse il 90% degli assistiti dalla cooperativ­a, riferisce Magoni.

Dopo la fase acuta, segue quella di stabilizza­zione. Per superare la tempesta, la cooperativ­a ha stimato un fabbisogno di 400 mila euro da qui a luglio. La raccolta fondi, arrivata al 40%, è ancora aperta sulla piattaform­a GoFundMe.

Varcare le soglie della quarantena è una missione. «Ho capito quanto è importante essere umani nel nostro lavoro», è la testimonia­nza dell’infermiera Aura Avadani. Assistere un paziente vuol dire anche fargli la spesa, preparare un tè, dar da mangiare ai suoi animali domestici o insegnare come funziona WhatsApp. Fino a «piangere assieme ai figli un genitore che non c’è più».

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