Corriere della Sera (Bergamo)

Le bare, i saluti da lontano e quei messaggi inviati prima di essere intubati

I racconti (e i numeri) dalla clinica rivoluzion­ata

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interagire con loro. Non sono solo numeri, scopri che dietro ci sono tante belle storie». Come quell’anziano che protestava perché voleva la moglie con sé: «Ha sempre pensato a lei. Vederli lottare, ci dava tanta energia». Parla al passato. In via Gavazzeni, con l’emergenza i posti letto sono passati da 213 a 280, fino ai 230 attuali. Nelle settimane peggiori, i pazienti Covid erano 250, ora sono scesi a 130, più 40, in via di guarigione, alla Castelli. La clinica, dove neanche esisteva un reparto per le malattie infettive, ha convertito 6 reparti su 7 per i contagiati, ampliato il Pronto soccorso e attrezzato il blocco operatorio per arrivare a 33 posti di Terapia intensiva. Da 12. «Ora — dice Serena Trovati, 44 anni — stiamo riprendend­o le attività non più rimandabil­i con passaggi molto lenti e cauti. La situazione è più rallentata, ma lontanissi­ma dalla normalità». È infettivol­oga. Da un lavoro di consulenza si è ritrovata a fare da guida ai colleghi di altre specialità schierati sulle polmoniti da Covid, con tutta la difficoltà ad affrontare «qualcosa di sconosciut­o» e «più grande di noi». Un nemico subdolo, perché «ognuno ha sintomi, complicanz­e e decorsi diversi. Curati 100 pazienti, ancora non puoi dire di conoscere il Covid». Oggi

Ho capito che era qualcosa di più grande di noi quando non c’era più spazio per i morti Serena Trovati infettivol­oga

La frase che si sentiva di più era «ho sete, datemi da bere». Ho riunito una coppia prima che lui morisse Jadranka Marinkovic infermiera

l’impegno è minore emotivamen­te, «ma maggiore a livello concettual­e. In Pronto soccorso arrivano per altro, ma va capito se il Covid c’è, se è l’inizio della malattia, se sono i postumi». Ciò che l’ha colpita di più sono le bare: «Non c’era il tempo per fermarsi davanti alla morte». E il sacrificio di vivere, tuttora, lontano dalle famiglie. Lei torna dalla sua bimba a Milano nel weekend. Nadalin, con un marito a sua volta medico, ha affidato le figlie di 4 e 8 anni ai genitori in Friuli. Non le vede da 2 mesi.

E poi c’è l’infermiera croata Jadranka Marinkovic, per tutti «Dada». Ha 31 anni e gira tutto in positivo: «Non avere accanto i familiari è stata una difficoltà, ma ha anche creato un legame più stretto tra noi e i pazienti». Ha fatto da postina di disegni e fotografie. Ha riunito marito e moglie prima che lui morisse. E ha assistito all’incontro casuale tra un padre e un figlio: «Il papà stava facendo riabilitaz­ione e oltre il vetro è comparso il figlio, venuto a portargli il cambio. Non si vedevano da settimane. È stato solo un saluto da lontano, ma bellissimo».

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 ??  ?? In piena emergenza Davanti al pronto soccorso delle Gavazzeni il 21 marzo. Nel tondo, il dottor Daniele Macchini
In piena emergenza Davanti al pronto soccorso delle Gavazzeni il 21 marzo. Nel tondo, il dottor Daniele Macchini

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