Che forza quella ragazza
«La lettrice» di Faruffini ha stregato Paola Zatti conservatrice della Galleria d’arte moderna «Una donna emancipata, immersa nei suoi piaceri»
Nata a Udine e laureata a Ca’ Foscari a Venezia, è però a Milano che Paola Zatti, conservatrice responsabile della Galleria d’arte moderna di via Palestro, ha costruito il suo percorso nei musei lavorando di volta in volta a mostre, cataloghi, riordino di collezioni per l’Ambrosiana, il Castello Sforzesco, il Poldi Pezzoli, la Pinacoteca di Brera, il Fai. «Poi nel 2000 ho fatto il concorso pubblico: un anno alla villa Reale di Monza e nove al museo del Risorgimento. Infine, nel 2011 sono approdata alla Gam che era il sogno della mia vita, un museo dalle potenzialità fantastiche, l’approdo più coerente con i miei studi sull’arte dell’Ottocento e Novecento».
Perché la Gam non può mancare in una visita a Milano?
«Intanto per i capolavori assoluti di Segantini, Medardo Rosso, Canova fino a Manet e Cézanne. E poi perché è un museo che riesce a restituire tanti pezzi di storia della città: la Milano napoleonica per il suo edificio architettonicamente intatto; quella risorgimentale fino a un po’ prima della Grande Guerra; e infine perché l’allestimento di Ignazio Gardella al secondo piano racconta il gusto degli interni borghesi della Milano anni Cinquanta. Si respirano le atmosfere di un’abitazione che accoglieva una collezione privata. Insomma è un museo che fa capire la città».
Quali pezzi ama di più? «Sicuramente l’”Ecce puer” di Medardo Rosso. È un gesso trattato a cera in cui lo scultore cerca di rappresentare l’istante in cui vide quel bambino. Ma sono affezionata anche a Segantini, gran rivoluzionario della pittura, e al piccolo dipinto di Cézanne tratto dalle favole di Apuleio: un’opera molto particolare e molto amata da Zola».
Preferisce le collezioni dell’Otto o del Novecento?
«Non riesco a scegliere. Come potrei fare a meno di Morandi o di tutta quella pittura che ha fatto enorme Milano e cioè la Scapigliatura, episodio rivoluzionario dell’Ottocento italiano, di cui custodiamo la più grande collezione in Italia?».
Hayez o Appiani? «Hayez perché è un immenso ritrattista. Il ritratto è l’opera d’arte per antonomasia».
Canova o Thorvaldsen? «La sfida è interessantissima, ma le trasparenze del marmo di Canova sono solo sue. Non esiste altro di così sofisticato».
La figura femminile più affascinante dell’Ottocento milanese?
«Nel museo abbiamo tanti bei ritratti di grandi personalità, però sceglierei “La lettrice” di Federico Faruffini. Non conosciamo la sua identità, ma mi piace perché è una donna emancipata, all’avanguardia, priva di sdolcinature ottocentesche. Fuma la sigaretta immersa nei suoi piaceri di lettura. È un quadro che sa già di Novecento nonostante sia stato dipinto nel 1865».
Qual è il pubblico che più apprezza la Gam?
«È eterogeno perché il nostro museo è un luogo vario, collegato con il giardino, un bar sofisticato e il Pac. Pur essendo centralissimo, sembra un angolo di campagna inglese. Per questo abbiamo un pubblico che ritorna, affezionato. Oltre ad avere un’atmosfera di dimora patrizia, la Gam ha delle collezioni in cui i visitatori riconoscono pezzi di storie di Milano che conoscevano — un libro letto a scuola, un episodio della Storia — e sono portati a tornare per ricercarne altri pezzi».
Il suo peggiore incubo quando pensa al museo?
«Non voglio chiamarmela e quindi non lo dico. Ma sono piena di paure. Temo qualsiasi incidente: furto, allagamento, tutto».
❞ Questo museo riesce a restituire tanti pezzi della storia cittadina dall’età napoleonica agli anni 50