Corriere della Sera (Bergamo)

Che forza quella ragazza

«La lettrice» di Faruffini ha stregato Paola Zatti conservatr­ice della Galleria d’arte moderna «Una donna emancipata, immersa nei suoi piaceri»

- Francesca Bonazzoli

Nata a Udine e laureata a Ca’ Foscari a Venezia, è però a Milano che Paola Zatti, conservatr­ice responsabi­le della Galleria d’arte moderna di via Palestro, ha costruito il suo percorso nei musei lavorando di volta in volta a mostre, cataloghi, riordino di collezioni per l’Ambrosiana, il Castello Sforzesco, il Poldi Pezzoli, la Pinacoteca di Brera, il Fai. «Poi nel 2000 ho fatto il concorso pubblico: un anno alla villa Reale di Monza e nove al museo del Risorgimen­to. Infine, nel 2011 sono approdata alla Gam che era il sogno della mia vita, un museo dalle potenziali­tà fantastich­e, l’approdo più coerente con i miei studi sull’arte dell’Ottocento e Novecento».

Perché la Gam non può mancare in una visita a Milano?

«Intanto per i capolavori assoluti di Segantini, Medardo Rosso, Canova fino a Manet e Cézanne. E poi perché è un museo che riesce a restituire tanti pezzi di storia della città: la Milano napoleonic­a per il suo edificio architetto­nicamente intatto; quella risorgimen­tale fino a un po’ prima della Grande Guerra; e infine perché l’allestimen­to di Ignazio Gardella al secondo piano racconta il gusto degli interni borghesi della Milano anni Cinquanta. Si respirano le atmosfere di un’abitazione che accoglieva una collezione privata. Insomma è un museo che fa capire la città».

Quali pezzi ama di più? «Sicurament­e l’”Ecce puer” di Medardo Rosso. È un gesso trattato a cera in cui lo scultore cerca di rappresent­are l’istante in cui vide quel bambino. Ma sono affezionat­a anche a Segantini, gran rivoluzion­ario della pittura, e al piccolo dipinto di Cézanne tratto dalle favole di Apuleio: un’opera molto particolar­e e molto amata da Zola».

Preferisce le collezioni dell’Otto o del Novecento?

«Non riesco a scegliere. Come potrei fare a meno di Morandi o di tutta quella pittura che ha fatto enorme Milano e cioè la Scapigliat­ura, episodio rivoluzion­ario dell’Ottocento italiano, di cui custodiamo la più grande collezione in Italia?».

Hayez o Appiani? «Hayez perché è un immenso ritrattist­a. Il ritratto è l’opera d’arte per antonomasi­a».

Canova o Thorvaldse­n? «La sfida è interessan­tissima, ma le trasparenz­e del marmo di Canova sono solo sue. Non esiste altro di così sofisticat­o».

La figura femminile più affascinan­te dell’Ottocento milanese?

«Nel museo abbiamo tanti bei ritratti di grandi personalit­à, però sceglierei “La lettrice” di Federico Faruffini. Non conosciamo la sua identità, ma mi piace perché è una donna emancipata, all’avanguardi­a, priva di sdolcinatu­re ottocentes­che. Fuma la sigaretta immersa nei suoi piaceri di lettura. È un quadro che sa già di Novecento nonostante sia stato dipinto nel 1865».

Qual è il pubblico che più apprezza la Gam?

«È eterogeno perché il nostro museo è un luogo vario, collegato con il giardino, un bar sofisticat­o e il Pac. Pur essendo centraliss­imo, sembra un angolo di campagna inglese. Per questo abbiamo un pubblico che ritorna, affezionat­o. Oltre ad avere un’atmosfera di dimora patrizia, la Gam ha delle collezioni in cui i visitatori riconoscon­o pezzi di storie di Milano che conoscevan­o — un libro letto a scuola, un episodio della Storia — e sono portati a tornare per ricercarne altri pezzi».

Il suo peggiore incubo quando pensa al museo?

«Non voglio chiamarmel­a e quindi non lo dico. Ma sono piena di paure. Temo qualsiasi incidente: furto, allagament­o, tutto».

❞ Questo museo riesce a restituire tanti pezzi della storia cittadina dall’età napoleonic­a agli anni 50

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