Corriere della Sera (Bergamo)

GIUSTIZIA E RANCORI

- Di Riccardo Nisoli

Rispondend­o alle domande di Simone Bianco, a proposito degli oltre 5 mila morti che il coronaviru­s ha causato nella Bergamasca, il sindaco Giorgio Gori ha dichiarato: «C’è questa sensazione di essere stati vittime di una sottovalut­azione che, per ora, non si è trasformat­a in rancore. Cosa che potrebbe succedere se, a errori e ritardi, si sommasse la mancata attenzione ai temi del rilancio economico di questo territorio». L’osservazio­ne è condivisib­ile. Ma non basta. Si rischia di alimentare il rancore se chi ha sbagliato non ammetterà gli errori o quantomeno non sarà chiamato a rispondern­e. Gli aiuti economici servono per ripartire, ed è doveroso che il governo sostenga con fondi maggiori le province più colpite dall’impatto del Covid-19. Ma i soldi da soli non bastano a spegnere la sete di giustizia (giustizia, non giustizial­ismo), senza la quale non può esserci pacificazi­one. Ci sono migliaia di morti per i quali non serviranno gli stanziamen­ti governativ­i. L’ecatombe di Bergamo (+568% di mortalità, rispetto al 2019, dal 20 febbraio al 31 marzo) ha bisogno di essere anatomizza­ta, sia per non ripetere gli errori, sia per dare ristoro a chi piange i propri cari. Il compito della magistratu­ra non sarà facile: dalla Cina in giù i livelli di responsabi­lità sono stratifica­ti e non tutti hanno determinat­o le medesime conseguenz­e. Ma senza giustizia non ci sarà pace. Aggiungeva Giovanni Paolo II: non c’è giustizia senza perdono. Ci sarà tempo anche per questo. Una cosa alla volta.

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