GIUSTIZIA E RANCORI
Rispondendo alle domande di Simone Bianco, a proposito degli oltre 5 mila morti che il coronavirus ha causato nella Bergamasca, il sindaco Giorgio Gori ha dichiarato: «C’è questa sensazione di essere stati vittime di una sottovalutazione che, per ora, non si è trasformata in rancore. Cosa che potrebbe succedere se, a errori e ritardi, si sommasse la mancata attenzione ai temi del rilancio economico di questo territorio». L’osservazione è condivisibile. Ma non basta. Si rischia di alimentare il rancore se chi ha sbagliato non ammetterà gli errori o quantomeno non sarà chiamato a risponderne. Gli aiuti economici servono per ripartire, ed è doveroso che il governo sostenga con fondi maggiori le province più colpite dall’impatto del Covid-19. Ma i soldi da soli non bastano a spegnere la sete di giustizia (giustizia, non giustizialismo), senza la quale non può esserci pacificazione. Ci sono migliaia di morti per i quali non serviranno gli stanziamenti governativi. L’ecatombe di Bergamo (+568% di mortalità, rispetto al 2019, dal 20 febbraio al 31 marzo) ha bisogno di essere anatomizzata, sia per non ripetere gli errori, sia per dare ristoro a chi piange i propri cari. Il compito della magistratura non sarà facile: dalla Cina in giù i livelli di responsabilità sono stratificati e non tutti hanno determinato le medesime conseguenze. Ma senza giustizia non ci sarà pace. Aggiungeva Giovanni Paolo II: non c’è giustizia senza perdono. Ci sarà tempo anche per questo. Una cosa alla volta.