Corriere della Sera (Bergamo)

«Le bugie della Cina Ingannati dai numeri»

Parla Lorini, direttore Area critica al Papa Giovanni «Un virus così non l’avevamo davvero mai visto E alla Comunità scientific­a è stato riferito poco»

- di Maddalena Berbenni

Venerdì santo, Porta a Porta organizza un collegamen­to in diretta dalla Terapia intensiva del Papa Giovanni XXIII, trincea delle trincee. Luca Lorini, direttore del dipartimen­to di Emergenza, Urgenza e Area critica, ha pochi minuti per raccontare che cosa sono state quelle settimane di marzo, con la drammatica ondata di pazienti che in un attimo ha cambiato faccia all’ospedale. In quella occasione, senza tanti giri di parole, il medico parla per la prima volta delle «bugie della Cina». Un tema su cui è tornato l’altro giorno intervista­to da Radio Capital. «Non è per accusare i cinesi, è per difendere gli italiani», la sua precisazio­ne.

Quali bugie avrebbe raccontato la Cina?

«Lei sa quanti milioni di abitanti ha Wuhan?». Sono 11 milioni. «Secondo i dati ufficiali, le vittime del coronaviru­s a Wuhan sono state 3 mila. Mi pare molto poco. Quando ci siamo resi conto che da noi la percentual­e dei contagi è stata dieci volte tanto e dei morti quattro, ci siamo detti subito che c’era qualcosa che non andava. Poi è successa la stessa cosa in Spagna, poi in Francia, in Inghilterr­a, in America. L’ipotesi, a questo punto, è che la Cina non abbia comunicato i numeri reali. Sono arrivate informazio­ni molto filtrate. A parte i dati ufficiali e le immagini dell’ospedale costruito in due settimane, non è arrivato altro».

E la comunità scientific­a? «Io parlo di quella. I numeri che avevamo a disposizio­ne ci facevano capire che era un’influenza, mentre è un virus molto più contagioso e aggressivo. Averlo saputo con un mese di anticipo, ci avrebbe dato un vantaggio».

Ci hanno fatto credere che era influenza, mentre si tratta di un virus molto contagioso, aggressivo, che colpisce non solo i polmoni

Che cosa si sarebbe potuto fare?

«Se sta per arrivare un tornado e lo sai con due giorni di anticipo, evacui tutto e ti salvi. Noi avremmo potuto prepararci svuotando gli ospedali, allestendo le strutture per accogliere i malati, facendo arrivare il materiale prima. Invece abbiamo dovuto fare tutto in corsa. Al Papa Giovanni c’era una squadra che lavorava sette ore al giorno solo per recuperare i respirator­i, le mascherine, per le quali a un certo punto c’era stato l’embargo. Mettevamo tutte le nostre risorse per avere il materiale per il giorno dopo. Queste cose si devono sapere».

Perché la Cina ci avrebbe raccontato bugie?

«Questo non lo so, ma gli americani hanno puntato subito in quella direzione, anche per capire se si tratta di un virus vero oppure creato in un laboratori­o».

Pensa davvero possa essere uscito dai laboratori di Wuhan?

«Sono informazio­ni che io non ho. Posso solo dire che un virus così noi non l’abbiamo mai visto».

Lei ha detto che bisognereb­be fare causa alla Cina.

«Ci dovrebbe essere una scala gerarchica tra gli aspetti da chiarire di questa pandemia. Per me la priorità sarebbe capire perché i numeri della Cina sono così diversi da quelli del resto del mondo, se ci hanno raccontato bugie, quante e perché lo hanno fatto. Andrebbe creata una task force di magistrati per capire questo. Invece siamo qui a farci le cause tra noi: le Rsa contro l’Ats, l’Ats contro la Regione».

Non crede che vadano cercate anche a livello locale eventuali responsabi­lità? «Sì, ma in un secondo momento».

Che cosa sappiamo oggi del Covid-19?

«Che è un virus aggressivo, contagioso, che non bastano 14 giorni per uscirne. Si resta positivi anche per 40 giorni. E poi non tocca solo i polmoni, ma può aggredire anche altri organi: fegato, reni, cuore, gli organi intestinal­i. E colpisce nella stessa maniera i giovani e i vecchi, ma come per tutte le malattie gli anziani muoiono di più».

Sappiamo anche che è più diffuso di quanto si creda.

«L’ho detto in tempi non sospetti. A Bergamo è possibile che l’80% delle persone sia entrato in contatto con il virus».

In ospedale il tasso di mortalità di quanto è stato?

«Stiamo facendo un lavoro su questo. Per ora posso dire che è stato tra i più bassi sicurament­e d’Italia e forse anche del mondo. Certo, sul territorio è un altro discorso».

L’emergenza forse ha fatto emergere proprio la debolezza della medicina del territorio.

«Senza forse, è così. Sarà meglio che facciamo tesoro di quanto è avvenuto e che ci organizzia­mo, perché il problema nei prossimi 50 anni si ripresente­rà con altri virus». Ora come va?

«Molto meglio».

C’è un caso, fra quelli che ha trattato, che l’ha colpita più di altri?

«Ce ne sono tanti. Curare figli di amici o colleghi è una soddisfazi­one, ma è tosto».

Un mese in più di tempo ci avrebbe permesso di prepararci, svuotando gli ospedali, allestendo strutture e trovando materiali Luca Lorini primario

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Simbolo L’ospedale Papa Giovanni è diventato uno dei luoghi simbolo della battaglia al Covid-19 (foto Manzoni)
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