Protesta davanti all’ospedale «Verità su questi tre mesi»
Un applauso scoppia davanti all’ospedale di Alzano, «per ringraziare gli operatori sanitari». Ad applaudire sono dieci paia di mani: è stata poco affollata la prima uscita del Comitato popolare Verità e giustizia per le vittime del Covid 19, che del resto ha solo 30 iscritti. Il presidio di ieri voleva ricordare i tre mesi da quel 23 febbraio in cui l’emergenza è scoppiata proprio in quell’ospedale. «Vogliamo fare luce su quella giornata, oltre che sulla mancata zona rossa e sulla gestione della sanità sul territorio», spiega il fondatore Roberto Fugazzi, 65 anni, che ha anche avviato una petizione su Change.org.
Ogni manifestante ha una storia da raccontare. Come Stefano Alborghetti di Alzano che mostra la foto della madre morta di virus: «Mi hanno fatto il test sierologico ieri, due mesi dopo la sua morte: era stata dimessa e non le avevano mai fatto il tampone. Sono già stato contattato da alcuni avvocati, dicono che mi faranno dare un sacco di soldi ma non mi interessa. Io voglio le dimissioni di chi ha causato tutto questo».
Anche la madre di Angelo Gregis è morta: «Aveva 96 anni e non è stata certificata Covid. Ma la sua badante è tornata in Bolivia ed è stata il secondo caso positivo del suo
Paese, l’hanno dimessa dopo 56 giorni. Qui con noi a chiedere verità dovrebbe esserci tutto il Consiglio comunale di Alzano». Per Bruno Gotti «sono morte migliaia di persone ma tengono nascosta la verità», sua moglie Teresa Gregis non capisce «come fa la Regione a dire che rifarebbe tutto? Dovrebbero dimettersi tutti». Guglielmo Rottigni è di
Albino: «Io penso alla libraia albinese che non c’è più, io ho imparato a leggere nel suo negozio. Questa questa storia ci ha portato via un sacco di memoria che non puoi sostituire. Chiedo trasparenza, per poter capire e ragionare. Facile dire: torniamo come prima. Bisognerebbe resuscitare mezza valle». Secondo Caterina Cugnetto il virus è arrivato molto prima: «Vivo davanti alla Rsa, c’erano ambulanze continue già dopo Natale. Ho amici che lavorano negli ospedali, hanno dovuto spedire esposti anonimi. Sono calabrese e queste cose non me le aspettavo in Lombardia».
Gli avvocati Il figlio di una vittima: «Mi hanno chiamato dei legali, propongono cause di risarcimento»