Corriere della Sera (Bergamo)

Quei kit bocciati ma tuttora in uso

Creati con l’accordo Diasorin-San Matteo, utilizzati per lo screening a campione e non solo

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Il Tar ha bocciato il contratto tra la Diasorin e il San Matteo di Pavia, da cui erano nati i test sierologic­i poi usati anche a Bergamo e tuttora in uso.

Scientific­amente validi, a livello amministra­tivo invece «inesistent­i», o meglio nati da un accordo nullo: è così che andrebbe considerat­o il concepimen­to dei test sierologic­i messi a punto tra marzo e aprile dall’Istituto San Matteo di Pavia e la società Diasorin. Da quella partnershi­p, con un contratto specifico tra il San Matteo e l’azienda, era nata la sperimenta­zione che aveva consentito di mettere a punto i test sierologic­i poi utilizzati per la campagna epidemiolo­gica sulla popolazion­e, iniziata il 23 aprile da Alzano. Un’operazione che è stata possibile grazie ai kit che la società aveva realizzato dopo gli studi con il San Matteo. Secondo il Tar, che ha bocciato il contratto iniziale tra l’Istituto e l’azienda, la Diasorin avrebbe tratto un «illegittim­o vantaggio competitiv­o rispetto agli operatori del medesimo settore». E infatti il ricorso era arrivato dalla concorrent­e TechnoGene­tics.

«Il Tar ha interpreta­to male l’accordo che era stato stipulato», secondo Diasorin. Mentre il San Matteo di Pavia, ha annunciato un possibile ricorso al Consiglio di Stato: «Era un accordo di collaboraz­ione scientific­a come se ne fanno mille», ha commentato il presidente dell’Istituto,

Alessandro Venturi.

Solo nelle settimane successive quel contratto la Regione aveva messo in gara la produzione dei kit e la stessa azienda si era aggiudicat­a l’appalto (che però non era oggetto del ricorso al Tar). «La Regione è estranea alla vicenda» ha dichiarato ieri il presidente della Regione Attilio Fontana. Ma i kit poi prodotti, e nati da quello studio in cui la società aveva avuto anche a disposizio­ne i dati scientific­i del San Matteo, erano poi serviti per la campagna epidemiolo­gica sul territorio. A Bergamo, secondo le indiscrezi­oni di fine aprile, era arrivata una partita di migliaia di kit (un numero mai ufficializ­zato), distribuit­i nei laboratori degli ospedali. «Lo screening sulla popolazion­e è terminato», fanno sapere dall’Ats, con 20.369 test eseguiti. Su 9.965 persone (molte in quarantena, altre rimaste a casa con sintomi sospetti), 5.669, cioè il 56,9%, sono risultate positive agli anticorpi, contro 3.909 negative e 387 con esito dubbio. Tra gli operatori sanitari, invece, positivo il 30,6% di 10.404, negativo il 66,8%, dubbio l’esito per 266. Erano però avanzati dei kit, utilizzati per particolar­i categorie, per esempio i dipendenti delle forze dell’ordine. È ancora difficile capire se potranno esserci conseguenz­e pratiche sull’utilizzo dei kit, inventati dopo un atto che il Tar considera illegittim­o, mentre il Pd e il Movimento 5 Stelle chiedono chiarezza alla Regione.

I numeri Anticorpi per il 56,9% di 9.965 persone sottoposte al test. Il dato scende al 30,6% tra gli operatori sanitari

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La funzione I test svelano gli anticorpi

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