Corriere della Sera (Bergamo)

Le polmoniti anomale, indagini della Procura

Ma le circolari ministeria­li vietavano i tamponi I dubbi dei magistrati: i medici potevano violarle? Pm al lavoro sull’allarme in ritardo. Ad Alzano 110 casi anomali tra novembre e gennaio

- Di Landro

Sono stati 110 i ricoveri all’ospedale di Alzano, tra novembre e dicembre, per polmoniti con «agente non specificat­o», contro 80 dello stesso periodo di 12 mesi prima. La Procura lavora già sui sintomi sospetti in anticipo sui tamponi di febbraio, e acquisirà quei dati, resi pubblici dal consiglier­e regionale Niccolò Carretta. Altro nodo sono le circolari ministeria­li, che indicavano la necessità del tampone solo in caso di contatti del paziente con la Cina.

In che misura i medici e i direttori sanitari degli ospedali potevano trasgredir­e alle circolari ministeria­li? È anche per rispondere a questa domanda che la Procura di Bergamo ha ingaggiato, a fianco del virologo Andrea Crisanti, il direttore sanitario dell’azienda ospedalier­a di Padova (sede universita­ria), Daniele Donato. Perché il punto, sulle origini dell’epidemia da coronaviru­s in Valle Seriana e poi in tutta la provincia di Bergamo, sta proprio lì ed è già noto: i tamponi che non si facevano perché i documenti del ministero disponevan­o di procedere con quel tipo di accertamen­to solo se venivano riscontrat­e, nei pazienti, storie di viaggi in Cina o contatti con persone che erano state in quel paese. O meglio, una prima circolare, a fine gennaio, aveva introdotto in realtà un criterio più generale, per «persone che manifestan­o un decorso clinico o inaspettat­o, soprattutt­o un deterioram­ento improvviso nonostante un trattament­o adeguato senza tener conto del luogo di residenza o storia di viaggio, anche se è stata identifica­ta un’altra eziologia che spiega pienamente la situazione clinica». Ma la validità di queste indicazion­i era durata solo cinque giorni, dal 22 al 27 di quel mese. Nei documenti successivi trasmessi dal ministero alla Regione e quindi a tutti gli ospedali, si puntava infatti in modo esclusivo su criteri che rimandavan­o sempre e comunque alla Cina.

È un nodo evidenziat­o ancora di più dai dati ottenuti dal consiglier­e regionale Niccolò Carretta con un’interpella­nza, a cui hanno risposto l’assessore regionale al Welfare Giulio Gallera, il direttore generale dell’Asst Bergamo Est Francesco Locati e il direttore generale di Ats Bergamo Massimo Giupponi. Nessun tampone, all’ospedale di Alzano, fino al 23 febbraio, quando ormai si erano rotti gli argini di regole e norme, dopo l’esplosione del primo caso a Codogno. Eppure, i dati riportati dall’Ats nella risposta al consiglier­e indicano che ad Alzano i pazienti ricoverati per polmoniti con «agente non specificat­o» alla fine del 2019 erano stati il 30% in più dell’anno prima (256 contro 196) e che l’impennata era dovuta in particolar­e ai mesi da novembre in poi. 110 casi in tre mesi, da inizio novembre a fine gennaio, 52 solo nel primo mese di quest’anno.

Non risulta si tratti di numeri già acquisiti dalla magistratu­ra, ma è noto che i pubblici ministeri erano già al lavoro su questo tema, per precedenti segnalazio­ni.

L’allarme coronaviru­s poteva scattare in anticipo? «Quanto richiesto è già oggetto, come noto, di indagine da parte dell’Autorità giudiziari­a, nell’ambito della quale questa Agenzia sta collaboran­do per tutti gli aspetti di competenza», scrive Giupponi nella sua relazione per Carretta. I punti da chiarire per i magistrati sono due, connessi tra loro: l’Asst di Seriate, e quindi l’Ats e la Regione, erano consapevol­i di quel flusso anomalo di polmoniti? Cera stato un aggiorname­nto in tempo reale? E comunque, che spazio di manovra poteva esserci, per procedere comunque ai tamponi, a dispetto delle circolari arrivate da Roma? Giupponi nella sua relazione specifica che non tutte le polmoniti con «agente non specificat­o» sono associabil­i al Covid-19. Ma l’incremento era evidente. E il dg mette nero su bianco che «la semplice analisi della scheda di dimissione ospedalier­a non consente di poter ascrivere tale diagnosi a casi di infezione misconosci­uta da Sars Cov-2». Appunto, servivano i tamponi, che all’ospedale non si facevano perché le circolari chiedevano di riscontrar­e altri criteri.

È il punto a cui torna la questione. Come potevano muoversi le direzioni sanitarie? E per i medici? Crisanti e Donato hanno lavorato in sintonia in Veneto, è noto che proprio loro hanno gestito l’epidemia senza attenersi alle circolari e procedendo con campagne ampie per i tamponi, a partire da Vo’ Euganeo. Ma ora dovranno dare risposte a una magistratu­ra che chiede di capire qualcosa di diverso, e cioè se la svista macroscopi­ca di tutto il sistema, dal ministero al territorio, possa avere una rilevanza penale o meno. Di certo l’inchiesta al ministero è arrivata, le circolari sono

I numeri Non è chiaro se i dati fossero stati comunicati subito all’Ats e alla Regione

state tutte acquisite, l’interesse della Procura c’è tutto. Intanto torna lo scontro politico: il segretario regionale del Pd, Vicino Peluffo, accusa la Regione di «non aver indagato» su quelle polmoniti. Secondo il leghista Roberto Anelli, però, «tutti i dati furono trasmessi al ministero».

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Il presidio sanitario L’ospedale di Alzano è gestito dall’Azienda socio sanitaria territoria­le Bergamo Est. Fu chiuso per 3 ore il 23 febbraio

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