Sarpi: maturo con lode, tutti 10 in 5 anni
Ora il test di medicina: «Non farò il chirurgo, voglio guardare i malati negli occhi»
Per lui la Maturità dev’essere stata una formalità senza patemi, dopo cinque anni di Liceo Classico con sempre tutti 10. Adesso Alessandro Lavelli, 19 anni di Stezzano, vuole diventare medico. «Ma non chirurgo — spiega — con i malati voglio parlarci e guardarli negli occhi». Ma prima c’è il test d’ingresso.
Sarà pur vero, come afferma il diretto interessato, che un voto «in un mondo, che è figlio di una logica economica, quantific al’ in quantificabile, misura una performance senza aggiungere nulla di chi lo consegue», ma nel caso di Alessandro Lavelli, 19 anni di Stezzano, i voti dicono tutto di un percorso di studi straordinario. Un cammino iniziato con un dubbio amletico («Mamma e se non ci riesco?»), malgrado una licenza media a pieni voti, proseguito con anni di pagelle con dieci in tutte le materie (un solo nove in inglese, al secondo anno, perché, come ebbe a dire l’insegnante, si ricordasse «che la perfezione non è di questo mondo»), e concluso con 100, più lode e bacio (a distanza) accademico.
Non è dato sapere se, nei suoi 217 anni di vita, i severi colonnati del Sarpi abbiano annoverato altre pagelle così eccellenti, ma la sete di sapere di Alessandro, unita al suo carattere positivo e all’empatia nei rapporti interpersonali («le persone che ho incontrato in questi anni sono state la cosa più bella»)lo hanno reso unico nella storia del liceo. «Umano di quell’umanità capace di scandagliare ogni aspetto del mondo» lo definisce la professoressa di lettere Paola Missale, che lo ha seguito in tutto il quinquennio. L’ultima campanella, per lui, è suonata il 20 giugno: dopo un’ora e passa di colloquio, Alessandro è sceso dai gradoni del liceo per l’ultima volta, prima di essere festeggiato e inondato di spumante dai compagni. Al rammarico per la mancata prova scritta, si è sostituto il piacere, per tutti i professori, di ascoltarlo nella summa di un percorso scolastico che, come rimarca ancora la professoressa Missale: «Ha costituito anche per noi insegnanti un traino nell’andare a recuperare nozioni e testi fuori programma».
Tanto da far dire alla prof di scienze, Roberta Lilli: «Alessandro mi ha fatto ritornare la voglia di studiare», osmosi rovesciata del sapere. Al Sarpi, lezioni e preparazione sono proseguite come treni anche in un lockdown che ha alimentato in Alessandro (e nei compagni) riflessioni più profonde. La filosofia ai tempi del Covid, nelle sue parole, si declina non nella paura ma nell’angoscia: «Il dolore non ci appartiene, ma l’angoscia sì, e intanto rifuggiamo la morte. E questo perché la nostra umanità è intrinsecamente incompleta» ragiona, richiamando Montale, Nietzsche, Pirandello, Isocrate, Hegel e Heidegger. È il piacere del sapere, semplicemente, che lo guida e continuerà a farlo anche nel percorso universitario. Dice di aver scelto Medicina perché ispirato dal Fra Cristoforo del Manzoni e da quell’Erissimaco del Simposio di Platone «che parla dell’amore e della vita attiva per non essere uomini di sole parole», anche se alla base della scelta c’è un’ammirazione incondizionata per la mamma, pure medico, e per il professor Franco Locatelli.
L’oncoematologo del Bambin Gesù e presidente del Consiglio Superiore di Sanità
❞ La facoltà «Ho scelto Medicina, meno chirurgia, perché ai malati voglio parlare e guardarli negli occhi»
che per Alessandro incarna «quella che Hegel definiva la completezza del sapere. Mi piace l’idea di una professione che mi consenta di prendermi cura degli altri e non c’è altro che mi permetterebbe di dare una carezza al malato ogni giorno». Non pensa alla chirurgia, Alessandro perché «ai malati voglio parlarci e guardarli negli occhi», ma prima di tutto bisogna passare il test d’ingresso. Il dubbio («ce la farò?») è lo stesso del primo giorno di liceo. Ai primini del Sarpi, Alessandro dà in dote il corredo di una frase dell’Accademia di Courbet, «fai quello che vedi, senti e vuoi» e una concezione del talento che è l’indispensabile «premessa al lavoro e all’impegno, perché come diceva spesso il professor Pierangelo Agazzi — dice — i ponti di Parigi sono pieni di gente talentuosa. Non posso dare consigli, ma posso dire semplicemente due cose. La prima è di non trascurare mai le amicizie e i rapporti con gli altri e l’altra è che si entra al Sarpi con delle domande e guai a uscire con le risposte. E io di domande in testa ne ho ancora tante».
❞ Voglia di sapere Si entra al Sarpi con delle domande e guai uscire con le risposte. Io ho ancora molte domande