UNA CAPITALE VERSO IL FUTURO
Che Bergamo e Brescia, insieme, saranno le Capitali Italiane della Cultura nel 2023 è una bella notizia. Non voglio fare io il bastian contrario, ma l’assegnazione comporta dei rischi. La scelta delle due città ha il significato simbolico di «risarcire» le province più colpite dall’epidemia di Covid-19. Non ci dobbiamo fare condizionare da questo fatto. Sarebbe bello che ciò che succederà nel 2023 esprima l’oblio del Coronavirus. La cultura e l’arte hanno molte funzioni. Una, per esempio, è di essere usate come rito consolatorio. È proprio quello che è successo sette giorni fa al Cimitero monumentale di Bergamo. La cerimonia costruita intorno al Requiem di Gaetano Donizetti ha costituito una sorta di funzione di commiato e di meditazione, tra il laico e il religioso. Ha segnato, come solo l’arte può fare, la fine di una stagione drammatica. Non che quella stagione sia conclusa per sempre, come la vita non si ferma dopo il funerale di una persona cara. Ma proprio per questo non possiamo pensare che tra tre anni il virus e la sua memoria siano ancora la priorità. Le parole, le immagini, le note dovranno parlare del futuro. La prima cosa che i bergamaschi vogliono scrollarsi di dosso è quella commiserazione che sta diventando un luogo comune quando si parla della nostra città. Che le ragioni per cui saremo Capitale della Cultura italiana siano più forti e positive di quelle per cui lo siamo diventati.