Terapie intensive, piano per l’autunno
I malati più gravi dirottati su Milano e Brescia. In caso di peggioramento anche Bergamo sarà interessata
Nell’epidemia di coronavirus in Lombardia in questo momento si contano solo 17 malati ricoverati in terapia intensiva: secondo i piani sanitari della Regione questa è la fase 1, che prevede solo 5 ospedali come hub per le terapie intensive Covid. Il territorio bergamasco fa riferimento in questa fase agli Spedali Civili di Brescia, dove le direttive prevedono che vengano ricoverati i malati più gravi provenienti da Bergamo, Seriate, Treviglio e altri ospedali della provincia. Il Papa Giovanni aprirebbe moduli di terapia intensiva Covid solo se il totale dei casi gravi in Lombardia tornasse a superare quota 150. Per i casi meno gravi, invece, l’ospedale di Bergamo fa già ora da hub per i malati Covid, che dalle varie strutture sanitarie periferiche vengono centralizzati alla Trucca.
Gli Spedali Civili di Brescia sono l’ospedale di riferimento (tra i cinque identificati dalla Regione) per gestire e curare i pazienti Covid bergamaschi più gravi, quelli che hanno bisogno della Terapia intensiva. Tra i cinque hub ci sono il Policlinico di Milano (riferimento per Milano, Monza e Lecco), l’ospedale Sacco (Lombardia nord-ovest), il Niguarda (ospedale di riferimento, soprattutto per politraumi Covid), il San Matteo di Pavia (Cremona, Lodi) e il Civile di Brescia. Ma in base a quale criterio un ospedale grande come il Papa Giovanni di Bergamo non è hub? In questo modo, il suo «bacino» di pazienti ricade quasi per intero su Brescia. La scelta sarebbe stata fatta nella convinzione che, con questa suddivisione, si potevano «prendere in carico territori più ampi», dando agli Spedali Civili il ruolo di riferimento per la Lombardia orientale. In realtà, come spiegano dalla Direzione regionale Welfare, la logica sottostante è che «in questo momento, che è quello della fase-1, non ha senso che tutti gli ospedali tengano aperti i moduli per i pazienti Covid». In altre parole, meglio centralizzare i casi gravi su pochi ospedali, ben attrezzati. Salvaguardando di fatto gli altri. Quando i casi di contagio saliranno oltre una certa quota, cambierà la geografia degli hub.
Fase uno
La Lombardia si trova oggi nella fase-1, che prevede un massimo di 150 pazienti Covid ricoverati in Rianimazione: quando questo limite sarà raggiunto, si passerà alla fase-2 (fino a 500 degenti in Rianimazione) e allora entreranno a far parte degli hub Terapie intensive anche il Papa Giovanni di Bergamo, il San Gerardo di Monza e i due ospedali di Mantova e Cremona. Al momento, nonostante la ripresa dei contagi (ieri +316 casi positivi nuovi in Lombardia), i Covid ricoverati nelle Terapie intensive della regione sono 17 (+3). Significa che per mesi il Civile di Brescia potrebbe rimanere l’unico riferimento per una popolazione di quasi 2,8 milioni di abitati. Cosa cambierà nell’ospedale? Ci sarà un aumentato rischio di contagio? Al Civile si ridurranno i posti di Terapia intensiva per i pazienti no-Covid, come cardiopatici e malati di tumore? In realtà sono previsti dei limiti: in questa fase l’ospedale di Brescia dovrebbe avere un massimo di 12 posti (6+6), in modo da lasciare libere le altre due rianimazioni. E che succederà se dovesse arrivare il tredicesimo paziente da Treviglio o Seriate? Verrebbe mandato a Milano, in uno degli altri hub.
Flessibilità
La distribuzione dei territori con i 5 hub di riferimento è indicativa, nel senso che i trasferimenti dei pazienti sono flessibili e legati alla disponibilità di posti nelle Rianimazioni. Decide l’unità di coordinamento delle Terapie intensive, soprattutto nei casi più complicati. Come quello del 17enne di Albano Sant’Alessandro, poi trasferito in serie condizioni nella Terapia intensiva del Policlinico di Milano e non su Brescia. «Attenzione — dicono dalla Direziore regionale Welfare —, non è che gli altri ospedali non siano pronti. Semplicemente, i loro moduli Covid sono spenti». Ci sono, ma finché i casi gravi sono relativamente contenuti (oggi sono 17 in Terapia intensiva in tutta la Lombardia) verranno trasferiti sui cinque hub. Brescia per esempio può contare oggi su due moduli da 6 posti. E lavorare per moduli significa che in un settore della Rianimazione si gestiscono solo pazienti Covid senza tenerli a contatto con altri malati. Le aree sono separate, proprio perché la malattia è ad alta trasmissione. Un motivo in più — spiegano — per avere solo cinque hub. L’idea è di lavorare così finché sarà possibile tracciare i casi Covid prima che entrino nei reparti.
I 17 poli di riferimento
Per tutti i pazienti positivi al Coronavirus (non da Rianimazione) esiste già la regola di centralizzarli sugli ospedali più grandi, dotati di Pneumologia e Infettivi (tra cui anche il San Raffaele). Sono 17 in tutta la Regione, di cui solo uno a Bergamo (il Papa Giovanni) e uno a Brescia (il Civile). Significa che i casi Covid da ricoverare (per qualsiasi patologia) vengono spostati già oggi sull’ospedale centrale: Seriate, Alzano, Treviglio, solo per citare le strutture pubbliche, li dirottano al Papa Giovanni. Ma lo fanno anche i privati. Il timore di molti ospedalieri è che cresca la diffidenza dei pazienti, spinti indirettamente verso le strutture private per le altre prestazioni. A Brescia il centro della Scala 4, isolata dal resto dell’ospedale, nasce proprio per scongiurare questo rischio. E quello dei contagi. Funzionerà? C’è chi obietta che forse è illusorio sperare che gli altri reparti rimangano immuni dal contagio, visto che un paziente entrato con il tampone negativo potrebbe positivizzarsi nei giorni seguenti. Specie se privo di sintomi.