Calusco, il ponte verso la riapertura Ma nasce il problema del semaforo
Si rischiano lunghi stop al traffico per ogni treno. E il numero dei convogli potrebbe anche aumentare
Prima sono passati i pedoni, poi le auto, e fra due settimane sarà finalmente la volta dei treni. Rfi si è impegnata in tutti i modi per finire i lavori al ponte di Calusco in modo da stabilire una precisa simmetria. Il 14 settembre 2018 la chiusura perché sulla base di rilievi visivi durante il passaggio del traffico è stato stabilito che la struttura non dava affidamento (e un mese dopo il crollo del ponte di Genova non si volevano correre rischi); il 14 settembre 2020 la riapertura definitiva anche della linea ferroviaria. Ma non è detto che i problemi per chi scavalca l’Adda in quel punto siano finiti. Anzi.
Tutta colpa del semaforo. Nel 1992 si decide che il ponte è fragile, i camion devono girare alla larga e le auto non vi possono più transitare in contemporanea con i treni. Nasce il senso unico alternato e il blocco del traffico per ogni convoglio, che forma lunghissime code che intasano la provinciale lungo tutto il paese. «Poi, diversi anni fa, durante lavori di manutenzione sul lato di Paderno, i sensori che facevano scattare il semaforo erano stati disattivati forse per un guasto — spiega l’assessore alla Viabilità di Calusco
Massimo Cocchi —. Da allora non ci sono stati problemi di code, ma se esistevano problemi di quella gravità bisogna solo ringraziare il cielo che non sia successo niente». Il guasto è stato scoperto nel corso dei lavori di questi mesi e Rfi già il 31 gennaio ha annunciato che con il ritorno dei treni il blocco del traffico sarà riattivato. Questo comporterà quindi uno stop di tre minuti per ogni treno: «Cosa molto più grave di quello che sembra — dice Cocchi —, se calcoliamo che ogni volta c’è un treno da Calusco e uno da Paderno, che la cosa nei momenti di punta succede anche tre volte in un’ora e che poi, quando il traffico può ripartire, lo fa a senso unico alternato».
Di qui la richiesta del Comune di Calusco a Rfi di rivedere la situazione, soprattutto alla luce dei lavori che stanno per concludersi. «Il divieto diventa oggi incomprensibile — ha scritto Cocchi a Rfi il 24 agosto —, non solo per i tanti soldi investiti, ma soprattutto per i tempi di esecuzione e le tecniche costruttive utilizzate nella realizzazione dei lavori. La chiusura al traffico veicolare in entrambi i sensi di marcia durante passaggio dei treni causerebbe un peggioramento della situazione in essere prima dell’effettuazione dei lavori con interminabili code nei centri abitati di Calusco d’Adda e Paderno d’Adda, con aggravio dei tempi di percorrenza e, quindi, dell’inquinamento».
L’assessore nota quindi che «sarebbe auspicabile una nuova verifica delle condizioni di staticità del viadotto in relazione alla possibilità di autorizzare il contemporaneo passaggio dei veicoli e dei treni». Cocchi in particolare chiede di ricevere gli studi «che dimostrino la necessità di imporre tale interdizione». «La gente finirebbe col dire: abbiamo speso venti milioni di denaro pubblico per fare più code di prima?», conclude l’assessore, che non ha ancora ricevuto una risposta da Rfi.
Ma la cosa potrebbe addirittura peggiorare, nel caso in cui Trenord si dovesse trovare nella situazione di dover incrementare i treni a fronte di un numero inferiore di persone ammesse sui vagoni. In vista della riapertura delle scuole la Regione spinge per il 100% del riempimento e il Comitato tecnico scientifico per il 60-65%. La cifra emersa ieri alla conferenza delle Regioni è dell’80%. Cifre da confermare, ma previste da Trenord al punto da approntare le risposte a tre diversi scenari. Si dovrebbe sapere qualcosa di preciso entro quel 14 settembre.
La lettera Il Comune chiede a Rfi di rivedere la decisione «A cosa sono serviti questi lavori?»