Lo spirito di MiTo
Solo ospiti italiani in questa edizione Orchestre in formazione ridotta e molta attenzione al repertorio sacro «Mai come stavolta capiremo che la musica unisce gli animi»
Sarà un’edizione di MiTo profondamente cambiata dalle norme anti-Covid: si esibiranno solo artisti italiani e non ci sarà il grande repertorio sinfonico, potendo schierare orchestre al massimo di 35 strumentisti. Così nel concerto inaugurale di sabato Daniele Rustioni guiderà la Verdi e la moglie Francesca Dego nella Serenata di Dvorak e nella trascrizione per violino e archi del Souvenir d’un lieu cher» di Ciajkovskij. «Che bello tornare a suonare nella mia città e con la Verdi: mia mamma canta nel coro, domenica ero con Francesca al Castello Sforzesco per ascoltare la Nona di Beethoven». Anche per la coppia di musicisti il lockdown è stata una sfida: «Dura, con i continui annullamenti dei concerti. E bella: ci trovavamo nella nostra casa di Londra quando è scattato il coprifuoco, in 15 anni non siamo mai stati così tanto assieme e devo dire che ora ci conosciamo e ci amiamo anche di più», rivela Rustioni. «Abbiamo studiato seriamente le sonate di Schubert e per diletto altre pagine per violino e pianoforte».
La Nona ci sarà anche a MiTo, ma nella trascrizione per due pianoforti di Liszt, interpretata da un’altra coppia d’oro (ma solo artistica) della musica italiana, Bruno Canino e Antonio Ballista (il 9 settembre); e due violoncellisti straordinari si confronteranno a distanza: l’8 Giovanni Sollima, da Bach al suo «Acqua profonda», il 13 Enrico Dindo sempre da Bach ma fino a Boccadoro e Vacchi. Gli organici orchestrali limitati dettano il repertorio: il 10 Michele Mariotti dirigerà l’orchestra Rai nelle sinfonie K 183 e K 199 di Mozart. Al di là dei singoli programmi, non era scontato che ci fosse l’edizione 2020; sono state proprio le domande più profonde aperte dalla pandemia a convincere gli organizzatori non solo a non annullare il festival, ma a considerare quanto mai pertinente il tema pensato ben prima del dilagare del virus, «Spiriti».
«La musica è stata considerata, a più riprese, l’unica voce riproducibile del soprannaturale: che si trattasse dello spirito di una foresta, di una freccia scoccata da Cupido o della voce stessa di Dio, l’umanità si è rivolta alla musica, e a quella classica in modo particolare, per tessere una relazione con i propri aneliti spirituali», riflette il direttore artistico Nicola Campogrande. «Oggi, in un mondo potentemente desacralizzato, l’ascolto di un Salmo o uno Stabat Mater suggeriscono atteggiamenti nuovi; c’è chi ritrova in un concerto, e solo lì, il segno di un sentimento sacro, un’ipotesi di risposta alla domanda di spiritualità». Le messe domenicali saranno accompagnate da capolavori sacri: il 6 quella in Sant’Alessandro dalle polifonie di De Victoria intonate dall’Odhecaton Ensemble, e lo stesso giorno risuoneranno con il Consor Maghini i Magnificat di Schutz e Durante e con il Coro e Orchestra Ghislieri il Salve Regina di Händel. «Forse mai come stavolta capiremo che la musica unisce», riflette Campogrande. «Ascoltando un pianista o un’orchestra da camera il metro che ci separa dai nostri vicini diverrà davvero poca cosa».
Variazioni sinfoniche La Nona di Beethoven sarà proposta nella trascrizione per due pianoforti di Liszt