Temperatura all’ingresso e spostamenti tracciati
Primo giorno alla International School: «La sfida è lasciare il virus fuori»
Tra le scuole che hanno iniziato in anticipo, c’è la International School (foto), l’istituto bilingue in via Gleno che ha attivato un protocollo sulla base delle regole adottate all’estero.
Mai si era visto un primo giorno di scuola così. Per tante ragioni: le mascherine alzate sul musetto dei bambini, i gel igienizzanti a ogni angolo, i genitori confinati al cortile. E poi perché, dopo tanti mesi di lontananza dalle aule, pare che la reazione generale sia stata più di felicità che di dispiacere per la fine delle vacanze. Effetti collaterali, a volte positivi, del lockdown.
La scuola italiana riparte il 14 settembre, ma ieri per qualcuno la prima campanella è già suonata. Tra gli altri ci sono gli studenti della International school di via Gleno, alle porte della città, istituto bilingue dalle rette non certo alla portata di tutti ma decisamente all’avanguardia nei metodi di insegnamento. Offre una proposta formativa che va dalla scuola dell’infanzia per bimbi dai 2 anni di età fino al liceo. In tutto gli iscritti sono 275, tenuto conto che le superiori per ora si fermano alle seconde, con i ragazzi del 2005 che avevano inaugurato l’apertura nel 2011. Ecco, per loro è stato un test in assoluto, con prova definitiva prevista per domani, quando l’appello sarà completo. «Abbiamo deciso di dividere la partenza in due turni, con una sezione il mercoledì, l’altra il giovedì e tutte e due il venerdì — spiega la direttrice Chiara Traversi —. Vogliamo capire se ciò che abbiamo previsto nella teoria può funzionare nella pratica». Mentre andava in onda il dibattito generale, la International School ha predisposto un suo protocollo sulla base delle esperienze maturate negli istituti che il gruppo ha sparpagliati nel mondo. Sono 66, 10 in Italia, in città come Milano, Monza, Como, Siena: «Negli altri Paesi le scuole sono già iniziate, dunque il confronto per noi è stato particolarmente utile, immaginando che anche le nostre regole non sarebbero state molto diverse. Ad esempio, l’idea di avere un’isolation room (una stanza per i bambini che non si sentono bene, ndr) l’avevamo già avuta prima che arrivasse l’indicazione dal governo». La misurazione della temperatura prima dell’ingresso è una cautela in più: «Fa stare più tranquilli tutti, anche gli insegnanti. Abbiamo predisposto, poi, alcuni registri per tracciare tutti i passaggi e avere un’idea precisa di dove sono le persone. Se, ad esempio, un docente si allontana e viene sostituito da un supplente, dobbiamo essere in grado di ricostruirlo. È uno sforzo importante, ma è
Un protocollo interno
È stato predisposto in anticipo anche sulla base dell’esperienza di istituti stranieri
l’unico modo per evitare il rischio, di fronte a un positivo, di dover chiudere tutta la scuola». La sfida, comunque, è che il virus se ne stia fuori. «L’abitudine di sanificare ci sarà. Lavorare in un ambiente più pulito aiuta. Abbiamo gel igienizzante ovunque e con i ragazzi, a seconda delle età, insisteremo sul rispetto delle altre persone, come sollevare la mascherina quando l’insegnante si avvicina o pulirsi le mani quando si lascia un libro in comune. Abbiamo chiesto collaborazione anche alle famiglie, come nel disinfettare ogni giorno l’iPad su cui si studia». Mai avuto banchi doppi, dunque sono rimasti gli stessi, disposti a un metroun metro e 20. Per limitare gli incroci sono stati stabiliti flussi di ingresso e di uscita su 5 varchi: ai genitori è stato inviato un video con relative istruzioni. Le classi, infine, entrano ed escono a orari diversi, ma per facilitare chi ha più figli iscritti, i fratelli hanno tabelle di marcia comuni.
A mattina ormai inoltrata, la direttrice si sente «confident», è fiduciosa. «Ho fatto un giro nelle classi e incredibilmente erano tutti contenti — dice —. Anche i genitori, a cui abbiamo chiesto di non presentarsi in anticipo, si sono mostrati rigorosi». È un inizio. E non è poco.