Corriere della Sera (Bergamo)

Professore ucciso Chiesto il processo

Omicidio di Entratico, il pm chiede il processo

- Maddalena Berbenni

La Procura ha chiesto il processo per Pal Surinder, l’indiano di 58 anni in carcere da aprile per l’omicidio di Cosimo Errico. Insegnante al Natta, di Bergamo, era stato trovato morto e semi carbonizza­to nella sua cascina a Entratico. L’imputato nega.

L’avvocato Michele Agazzi ragiona come se fosse già nel mezzo del processo. Per Pal Surinder, 58 anni, indiano residente a Casazza, suo assistito, il pm Carmen Santoro ha chiesto il rinvio a giudizio con udienza preliminar­e fissata al 5 novembre. Dal 4 aprile è in carcere per l’omicidio di Cosimo Errico, stessa età quando fu ucciso il 3 ottobre 2018 a Entratico, nella cascina dove ospitava scolaresch­e. Insegnante di Microbiolo­gia all’Istituto tecnico Natta di Bergamo, viveva con la famiglia in centro città. Era stato il figlio a scoprire il corpo semi carbonizza­to al primo piano del rustico. Surinder e il coinquilin­o Mandip Singh, 39 anni, lui imputato di favoreggia­mento, ci lavoravano da tempo più o meno regolarmen­te. Con la difesa orientata a scartare la strada dell’abbreviato e la tesi degli inquirenti puntellata da due giudici nella fase cautelare (il Riesame ha respinto il ricorso sull’ordinanza del gip per una misura meno afflittiva) è lecito attendersi un processo con battaglia all’ultimo indizio. Perché se agli occhi di carabinier­i e pm tutto porta al principale sospettato, per la difesa mancano le prove: «Ci sono ragionamen­ti deduttivi troppo forti e ci chiediamo che fine abbiano fatto le altre piste».

Surinder e Singh condividev­ano un appartamen­to nella zona vecchia di Casazza, i Mulini, dove si concentra la gran parte degli indiani del paese. Seduti sul divano, sette giorni dopo l’omicidio, avevano raccontato del loro impiego alla cascina e del dispiacere provato per il professore. Parlava Singh. Surinder, nonostante sia in Italia da più di 10 anni, si esprime solo in un dialetto indiano. Una difficoltà linguistic­a a cui, per il suo legale, si aggiunge «un profondo gap culturale». In patria ha moglie e figli.

Secondo l’accusa, sorpreso da Errico a commettere l’ennesimo furto di denaro, gli si sia rivoltato contro. Dall’autopsia erano emerse 23 ferite di arma da taglio e segni di calci. Gli avrebbe poi dato fuoco con la benzina (è contestata anche la tentata soppressio­ni del cadavere). Per la difesa, lo stesso movente è traballant­e: «Testimoni raccontano di furtarelli che Errico aveva sempre scusato, è surreale pensare che Surinder abbia ucciso per guadagnars­i l’impunità che aveva sempre avuto». Quanto agli indizi raccolti, chi ha ucciso conosceva bene i luoghi: aveva staccato la corrente, come era abitudine del proprietar­io, ed era andato dritto al contatore e al magazzino, dove c’era la benzina. Lo indicavano le orme insanguina­te rimaste sul pavimento. La suola era di una scarpa marca Carrera. Un paio era stato acquistato dalla moglie di Errico, che, aveva riferito lei stessa, le aveva regalate «a uno dei suoi dipendenti indiani». A chiudere il cerchio, le intercetta­zioni proprio con il coinquilin­o, tradotte in modi diversi ma comunque inquietant­i: «ammazzo anche lui», riferendos­i forse all’interprete atteso in caserma, o «la prossima volta non uccido». Sull’autobus Singh gli aveva detto: «Non dovevi uccidere, è stata colpa tua».

«La traduzione di queste frasi — sostiene il difensore — è stata fatta da un’interprete pachistana in grado solo di riportare il parlato. Ritengo che meritino un maggiore approfondi­mento. Inoltre, l’arma del delitto non è stata trovata e nemmeno le scarpe Carrera. Non c’è prova che Errico le regalò proprio a Surinder». Infine, l’ora del delitto: «Non è compatibil­e con la presenza dell’imputato alla cascina — conclude il legale —. Dovrebbe avere ucciso e appiccato il fuoco in dieci minuti, è inverosimi­le».

Le intercetta­zioni «Non dovevi uccidere», gli avrebbe detto l’amico. Per la difesa, la traduzione è incerta

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Imputati Da sinistra: Surinder, presunto colpevole, e Singh, che lo avrebbe coperto

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