«Il mio impegno contro il web delle vendette»
L’attore protagonista del cortometraggio presentato a Venezia: «Esempio di cinema civile»
Alessio Boni è il protagonista del cortometraggio «Revenge Room», presentato alla Mostra del Cinema di Venezia e che tratta la piaga del revenge porn. «Se riuscissimo ad aiutare anche un solo ragazzo che guarda il film, allora avremmo fatto bingo», le parole dell’attore originario di Sarnico.
VENEZIA Alessio Boni arriva alla Mostra del Cinema. E subito riparte. Strette tempistiche da divo. Ma anche tempi del tutto nuovi per l’attore bergamasco, che da cinque mesi e mezzo è diventato papà di Lorenzo. La nascita del primogenito ha permesso a Boni di vivere un lockdown «fantastico. Mi rendo conto che in ciò che dico vi sia una dicotomia spaventosa. Specie per uno di Bergamo come me». E per cui il coronavirus non è certo stato indolore: «A causa del Covid, ho perso zii e amici». «Ma — spiega — mi è stata data l’opportunità di vivere con mio figlio 24 ore su 24. Anzi, mi hanno proprio costretto a farlo. Avrei visto pochissimo Lorenzo se fossi stato in tournée (con “Don Chisciotte”, che riprenderà a inizio 2021,
ndr)». Il 54enne interprete di cinema, teatro e tv lascia libero sfogo all’entusiasmo per la paternità e parla con passione del suo ultimo progetto, il cortometraggio «Revenge Room». Diretto da Diego Botta, prodotto da One More Pictures con Rai Cinema, l’appeal di Baby K in colonna sonora, dopo la presentazione al Lido come Evento Speciale è disponibile sulla piattaforma RaiPlay e avrà presto una versione in realtà virtuale 360°.
«Revenge Room» ha per protagonisti due adolescenti, una brutta vendetta tra ex fidanzati e un elegante, mefistofelico personaggio, che lei interpreta con misura.
«In carriera, mi mancava giusto un ruolo del genere. Definirei il mio personaggio, un Caronte da psicoanalisi.
“Revenge Room” è un esempio di cinema civile. Riuscisse ad aiutare anche un solo ragazzo che lo guarda, avremmo fatto bingo».
Il corto si rivolge in particolare alle vittime di revenge porn: l’incontrollata circolazione su web, di foto e video privati a contenuto sessuale.
«A volte, usare il web è come avere in tasca una pistola. Credo che la Generazione Z debba essere ascoltata di più. Molti ragazzi vivono in un mondo virtuale e spesso non escono nemmeno più di casa. Non sono maleducati, sono ineducati. E se i genitori non riescono ad aiutarli, è la scuola a doverci pensare».
Anche il cinema può dare
una mano?
«Certo. Quanti sapevano di Peppino Impastato (il giornalista siciliano, assassinato da Cosa Nostra, ndr) prima di “I cento passi” di Marco Tullio Giordana? Sono molti di più quelli che lo conoscono ora, dopo avere visto il film».
Conoscere di più e meglio per costruirsi nuovi punti di riferimento, avere altri cui ispirarsi ...
«Potrei fare anche i nomi dell’attivista Greta Thunberg e di Ilaria Cucchi, che ha lottato per avere giustizia sulla morte del fratello Stefano».
Cita nomi e fatti che il cinema ha recentemente indagato. Il documentario “Greta” è quest’anno alla Mostra. Il film “Sulla mia pelle”, sulla vicenda Cucchi, c’era stato due anni fa. “Revenge Room” è già sbarcato sul web. Contento di questa collocazione?
«Molto. RaiPlay è un mezzo potentissimo. Stando sul web, possiamo entrare nei meccanismi di fruizione del pubblico cui ci rivolgiamo. Tanti giovani nemmeno vanno più al cinema. Se vogliono vedere un film, cliccano su un link».
Impegno
«Se riuscissimo ad aiutare anche solo un ragazzo che lo guarda avremmo fatto bingo»