Corriere della Sera (Bergamo)

Lucio Corsi, ragazzo vintage

Stasera il concerto del cantautore maremmano Niente social network, look rétro, testi visionari e strumenti «antichi»

- Raffaella Oliva

Chiedetegl­i tutto, ma non di suonare in diretta su Internet. All’età di 26 anni Lucio Corsi rappresent­a un’anomalia nel panorama italiano. Toscano, figlio di una pittrice e di un papà artigiano del cuoio, sulla carta il giovane musicista appartereb­be a quella generazion­e che ha fatto dei social il suo regno, ma nella realtà si muove in un mondo altro, fatto di canzoni dallo spirito favolistic­o, suonate con chitarre acustiche ed elettriche e strumenti dai sapori antichi, dal pianoforte alla marimba, dal mellotron agli archi, e interpreta­te con l’attitudine del cantastori­e.

«Storie vere sotto forma di bugie», così Corsi definisce i brani di «Cosa faremo da grandi?», il suo terzo album che presenterà stasera al Castello Sforzesco. Dal vivo, ossia in quella che ritiene l’unica modalità possibile: «È da quando è esplosa la pandemia che sento parlare di concerti in streaming, ma per me sono una cosa orribile, che mi rattrista», dice.

«C’è chi li considera come l’unica alternativ­a che potrebbe garantire un futuro alla musica, se il virus dovesse restare tra noi a lungo, ma personalme­nte mi opporrò in tutti i modi a questa visione. I concerti non vivono solo di note, ma si nutrono di occhi che s’incrociano, di sensazioni che avverti sulla pelle, di un coinvolgim­ento che avvicina artista e pubblico: tutte cose che non possono essere riprodotte in alcun modo con performanc­e trasmessa online, pur se in diretta, pur se con modalità interattiv­e, pur se con tecnologie avanzatiss­ime». Fisico esile, capelli lunghi e uno sguardo tra il poetico e il visionario, Corsi ha pubblicato il suo «Cosa faremo da grandi?» lo scorso gensa. naio, per poi ritrovarsi chiuso in casa a causa del lockdown.

«Per fortuna avevo con me i miei strumenti. E lì ho capito più che in ogni altro momento che un musicista non deve per forza parlare sempre, che ci sono situazioni in cui è giusto il silenzio ed è giusta l’atteuna Purtroppo queste due cose ci terrorizza­no, invece dovremmo imparare dagli alberi: si pensi a quanti anni aspettano mentre la loro ombra gira muovendosi più di loro». Il riferiment­o alla natura non è casuale, Corsi vive immerso nel verde della Maremma, terra che è per lui grande fonte d’ispirazion­e.

Poi c’è Milano, dove trascorre lunghi periodi. «È una metropoli con i difetti tipici delle metropoli, ma davvero importante per me, non rimpiango di esserci venuto dopo il liceo, di averla scelta come luogo dove provare a fare della musica il mio mestiere».

Alla nostra città, e più precisamen­te al treno che da Grosseto lo porta spesso qui, ha dedicato «Frecciabia­nca», brano che ben rappresent­a lo stile del disco «Cosa faremo da grandi?», che Corsi ha arrangiato con Francesco Bianconi fondendo la lezione di grandi come Paolo Conte e Ivan Graziani con suoni pescati dal glam rock anni 70.

Proprio la passione per quest’ultimo è alla base del suo look eccentrica­mente rétro che ne ha fatto uno degli artisti più amati da Alessandro Michele, il direttore creativo di Gucci, con il quale Lucio Corsi ha avuto modo di collaborar­e per sfilate e campagne. «Mi sono innamorato dell’estetica glam quando, da ragazzino, vidi il film “Velvet Goldmine”: da allora non mi è più passata».

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Glam Lucio Corsi, 26 anni, dice di ispirarsi per i suoi look al film «Velvet Goldmine»

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