Corriere della Sera (Bergamo)

UN BUCO A FORMA DI PROJECT FINANCING

- Di Simone Bianco

Le diciassett­e pagine della delibera con la quale l’Autorità Anticorruz­ione chiede di rifare l’appalto per la costruzion­e del parcheggio di via Fara sono un manuale di storia. L’Anac ricostruis­ce come il progetto del parcheggio, nato nel 2004 con un preventivo di 8,6 milioni, sia diventato — trascorsi 16 anni — un buco sotto Città Alta il cui costo stimato lievita a 18,4 milioni. Il Comune, proprietar­io dell’area, ha fin qui corrispost­o «solo» 1,3 milioni cash, ma il punto è un altro: alla Bergamo Parcheggi con l’ultima revisione della convenzion­e vengono riconosciu­te condizioni economiche più favorevoli sui 450 parcheggi per coprire l’aumento dei costi, provocato dalle complesse e lunghe vicende del cantiere. Insomma, prima la frana (2008) poi la lunga interruzio­ne imposta da vicende giudiziari­e (2009-2016) costano e il privato per rientrare ottiene di gestire più a lungo la struttura. Secondo l’Anac questa cosa non si poteva fare. Costi e tempi lievitati dell’opera, scrive l’autorità, sono responsabi­lità della concession­aria e il Comune non deve niente a Bergamo Parcheggi. E però, dice l’Anac, che non è un tribunale e in mezzo a tanti rimandi legislativ­i inserisce note di realismo, ormai il cantiere c’è, l’opera va finita per il «persistent­e interesse pubblico». Quello che l’Anac esclude è che la ripresa dei lavori possa avvenire tagliando altre curve delle norme sugli appalti pubblici.

Serve un’altra gara d’appalto, cosa che allungherà non di poco i tempi. D’altra parte cosa davvero sia successo tra Bergamo Parcheggi e il passato costruttor­e, la Collini che nel 2019 ha lasciato il cantiere, è impossibil­e a dirsi con precisione anche per l’Autorità, che nelle sue carte ricorda di aver «più volte richiesto» il contratto tra appaltator­e e concession­aria, senza riuscire ad ottenerlo. Bergamo Parcheggi, che pure è partecipat­a da Atb ma è controllat­a dalla Parcheggi Italia Spa, non risponde a nessuno, non sente la necessità di spiegare — magari per una volta anche di chiedere scusa per ciò che è andato storto in 16 anni — alla città di cui ha in concession­e un angolo prezioso. Per un’opera che se il Comune avesse realizzato, senza le alchimie del project financing ma con un «normale» appalto pubblico, difficilme­nte avrebbe prodotto risultati peggiori per Bergamo.

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