In casa 50 chili di marijuana «Ero il custode»
Sorisole, marijuana e «amnesia» in una villetta. Incensurato faceva da custode
I carabinieri di Villa d’Almè gli hanno trovato in casa a Sorisole 50 chili di marijuana. Lui, un papà di 29 anni, si è giustificato dicendo che, grazie a un telefonino criptato, qualcuno gli comandava le consegne.
Alla fine dell’interrogatorio Giodi Morano sfila il fazzoletto dalla tasca e si asciuga le lacrime. Ha 29 anni, un diploma da geometra e, ora, il guaio di 50 chili di marijuana sequestrati dai carabinieri nell’appartamento intestato ai suoi genitori, a Sorisole, in una pacifica bifamiliare con giardino. Le pattuglie si sono presentate venerdì mattina. Cosa le abbia portate lì resta fuori dagli atti ufficiali. Sta di fatto che, oltre alla droga, oltre ai contanti, oltre al contabanconote, sotto il cuscino della camera da letto è spuntato un telefonino criptato, non intercettabile e abilitato solo a ricevere messaggi e chiamate. È stato il ragazzo a spiegarne l’uso al giudice Donatella Nava: «La droga non era mia, me lo hanno dato per gli ordini. Mi scrivevano quando e dove andare a ritirarla». Lo telecomandavano a distanza, in pratica. Sì, ma chi? Lui dice di non saperlo.
Cronaca di una convalida per direttissima non banale. L’arresto è dei carabinieri di Villa d’Almè con il pm Letizia Ruggeri. Morano fino a 4 mesi fa viveva con la moglie e la figlia di 9 anni a Valbrembo, accanto alla famiglia di origine. Incensurato, aveva trasformato la casa di Sorisole in un centro logistico. Tra la camera da letto e l’Opel Astra parcheggiata in cortile, in parte stipati in comuni cartoni Leroy Merlin, c’erano 41 chili di marijuana e quasi 7 chili di panetti con impressa la scritta «amnesia». Se è ciò che sospettano i militari, si tratta di uno stupefacente relativamente nuovo e dannosissimo, cannabis tagliata con metadone ed eroina. E poi sono stati trovati i soldi, tanti, più di 11 mila euro, e gli strumenti che di solito finiscono sui tavoli delle caserme alla fine delle operazioni anti spaccio. Ad esempio, materiale per il confezionamento e una macchinetta per contare le banconote. «Me l’avevano data perché sbagliavo sempre a contare», ha spiegato Morano, precisando che il denaro erano le sue paghe. «Me le mettevano direttamente negli scatoloni. Sapevo che contenevano droga, ma dovevo solo tenerli e non toccare niente. Loro mi chiamavano dal telefonino e mi dicevano dove andare, come in parcheggi di supermercati, anche a Milano». Altri dettagli non li ricorda. Ha ammesso di avere smistato carichi precedenti, ma questo «era il più consistente». Andava avanti da circa un mese, ha risposto al giudice. «Avevo fumato con un gruppo di ragazzi ai giardini vicino alla stazione di Bergamo. Avevano un accento dell’Est e portavano le mascherine, quindi non sarei in grado di riconoscerli. Ho raccontato loro la mia storia e mi hanno proposto di fare qualche soldo facile. Credevo che si fossero presi a cuore la mia situazione». Il giovane parla di difficoltà dovute alla separazione: «L’ho fatto perché sono uno stupido. Volevo andare da mia moglie e dirle che le avrei comprato una casa. Ho perso tutto».
Pur sottolineando che l’arresto avrebbe richiesto maggiori approfondimenti, non eseguibili in direttissima, il giudice lo ha convalidato. Morano andrà ai domiciliari dai genitori. L’avvocato Fulvio Vitali, che lo assiste, ha già formalizzato la richiesta di accedere al rito abbreviato e in subordine di patteggiare. Si deciderà il 28 ottobre.
Il telefonino criptato Non era intercettabile e serviva solo a ricevere gli «ordini» per ritirare i carichi