Davide riunisce i De Sfroos Live al Polaresco
A distanza di 25 anni, venerdì, esce la ristampa di «Manicomi», primo album dei De Sfroos, su etichetta MyNina/Artist First. E, lo stesso giorno, alle 18.30, la band che si è sciolta nel 1998, terrà uno show case e incontrerà i fan al Polaresco, in città (ingresso libero, prenotazione obbligatoria scrivendo a spaziopolaresco@gmail.com).
Un ritorno storico, che punta però all’attualità. Il disco contiene 15 brani rimasterizzati negli studi della Rsi, Radiotelevisione svizzera, che faranno rivivere le storie di Anna, Lo Sconcio, Zia Luisa, Nonu Aspis e tanti altri: immagini e storie di personaggi, in parte reali e in parte romanzati, che offrono ancora oggi spunti di riflessione su delicate tematiche, come il trascorrere del tempo, la guerra, il disagio psichico, la rivalsa dei diversi, la vendetta degli screditati.
«È stato il disco a scegliere di tornare, cadendo fuori dall’armadio e bussando alle nostre porte, per aprirci di nuovo gli occhi — svela Davide Van De Sfroos, alias Davide Bernasconi —. Il merito della reunion è del mio manager, Gianpiero Canino, che ha fatto le telefonate a tutti noi. Con il passare del tempo ci eravamo persi di vista, non per tensioni, ma perché appartenevamo ormai a mondi diversi. Non vederci più è stato un grosso errore». A ritrovarsi sono il bassista Alessandro
Frode, ovvero Alessandro Giana, il batterista Didi Murahia, al secolo Arturo Bellotti, e il violinista e mandolinista Lorenzo Mc. Inagranda (Lorenzo Livraghi). Manca Teo de Sfriis (Matteo Sala), che non se l’è sentita di partecipare, mentre a Marcu De La Guasta (Marco Pollini), mancato nel 2017, è dedicato il lavoro discografico.
Uno sguardo in avanti c’è già, con qualche dubbio. «Se ci sarà un futuro, dipende dal destino — aggiunge Frode —: non è un progetto commerciale, siamo degli amici che hanno una seconda opportunità di recuperare un legame e non vogliamo perderla».
Nelle canzoni emerge lo stile tipico dei De Sfroos, caratterizzato dall’uso del dialetto laghée (quello delle rive del Lario), per molti considerato come una sfida o una limitazione.
L’obiettivo era far parlare più del dialetto che in dialetto. «Noi pensavamo e agivamo con quella forma mentale, non eravamo influenzati da neologismi inglesi, ci eravamo lanciati nell’entusiasmo dell’appartenenza — dicono i due artisti, Frode e Davide Van De Sfroos —. E poi, la nostra è una lingua musicale, esprime concetti in modo diretto e con un sapore deciso».
Ma quali sono, oggi, i manicomi? «Basta leggere le cronache per trovare le pazzie dell’uomo, quegli “occhi persi senza colore, occhi persi dall’odio e dall’amore”», come nei versi della canzone che ha dato il titolo allo storico album. Ora si attende un curioso ritorno, che potrebbe offrire sorprese per la scena musicale.
L’appuntamento Show case al Polaresco venerdì, quando esce la ristampa del primo album