Corriere della Sera (Bergamo)

Sotto il vestito quasi tutto Riordinare l’armadio per combattere inquinamen­to e sfruttamen­to

Un libro sulle conseguenz­e della «fast fashion»

- 18.30, corso Como 10). (ore Marta Ghezzi

Di bulimia della moda ha parlato re Giorgio, alias Giorgio Armani, per la prima volta durante il lockdown. Una riflession­e pacata nei toni, potente nel significat­o: «Basta con gli sprechi nel settore moda». Lo stilista è ritornato sul tema in questi giorni, alla vigilia della Fashion Week che ha riportato a Milano le modelle, insistendo sul concetto che è arrivato il momento di produrre meno, confeziona­re meno. Plaude entusiasta Luisa Ciuni, giornalist­a e critica di moda. «Dichiarazi­oni forti e preziose, c’è bisogno di un vero cambiament­o nel settore. Ora, non domani. Non si può continuare a tenere gli occhi chiusi», dice. Sul tema della bulimia della moda, della forza drogante del low cost, degli acquisti compulsivi, della qualità inesistent­e, di sprechi e sfruttamen­to, Ciuni e Marina Spadafora, stilista, attivista, Fair Fashion Ambassador (è come dire testimonia­l della moda pulita), insistono da tempo, da molto prima che il Covid contribuis­se a spingere verso una nuova filosofia. Questa sera, alla Fondazione Sozzani, Ciuni e Spadafora presentano il libro scritto a quattro mani «La rivoluzion­e comincia dal tuo armadio. Tutto quello che dovreste sapere sulla moda sostenibil­e» (Solferino), e ne dialogano con Alan Friedman

Nessuno più considera la moda cosa frivola, il suo valore è noto, è un sistema che garantisce lavoro a 75 milioni di nel mondo. Non si sa, invece, o si finge di non sapere, che è una delle industrie più inquinanti (forse addirittur­a la prima). Ciuni sorvola sui fiumi che cambiano colore a causa degli scarichi del tessile e delle lavanderie, sulle discariche a cielo aperto nel sud del mondo, e sceglie un esempio ancora più d’effetto.

Svela che «l’invenduto si brucia, per non sminuirne il valore negli outlet». Quintali di vestiti che non incontrano i gusti dei clienti finiscono negli incenerito­ri, «una combustion­e incontroll­ata che fa malissimo al pianeta». Non è solo un problema ambientale. Nel libro è messo ben in evidenza che dietro ai prezzi bassi, bassissimi, che invogliano all’acquisto, c’è sfruttamen­to. Se una maglietta costa cinque euro, quanto può valere la giornata di lavoro di chi l’ha confeziona­ta? Ovviamente, molto meno della metà.

Soluzioni? «Comprare meno, cercare la qualità, far durare i nostri vestiti nel tempo: sono regole auree che dovremmo seguire tutti», spiega Marina Spadafora. Che agpersone giunge: «Il vestito più sostenibil­e è quello già presente nel nostro armadio, se non ci sta più e non può essere modificato, possiamo regalarlo, scambiarlo, dargli nuova vita». Non è l’unica indicazion­e: ai fashion addicted, che non riescono a rinunciare, la stilista suggerisce di comprare in modo più consapevol­e, di avere un occhio critico. «È facile, basta una piccola ricerca, oramai ci sono app, siti, portali, dove è possibile verificare la responsabi­lità sociale di un marchio. Non si tratta di affossare l’industria della moda, ma di obbligarla a produrre capi realizzati con regole eque verso il pianeta e le persone». 

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(corso Como 10) il libro scritto a quattro mani, «La rivoluzion­e comincia dal tuo armadio. Tutto quello che dovreste sapere sulla moda sostenibil­e» (Solferino)
Autrici Marina Spadafora (qui sopra) e Luisa Ciuni (sotto) hanno scritto «La rivoluzion­e comincia dal tuo armadio» (corso Como 10) il libro scritto a quattro mani, «La rivoluzion­e comincia dal tuo armadio. Tutto quello che dovreste sapere sulla moda sostenibil­e» (Solferino)
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