«I Baschenis traino per il turismo culturale nelle valli»
Il docufilm sugli artisti: un viaggio tra i tesori nascosti, da Casnigo a Lallio
L’arcangelo Michele pesa le anime, il diavolo di soppiatto appoggia il gomito sul piatto della bilancia, il serpente inghiotte i dannati, tra cui papi, vescovi e (elemento rivoluzionario per l’epoca) perfino lo stesso arciprete di Casnigo, mentre i buoni si incamminano verso il paradiso.
Bisogna inerpicarsi fino al Ronco Trinità, 700 metri sopra Casnigo, ai piedi del Monte Farno per scoprire qualcosa che non ci si aspetterebbe di trovare; un Giudizio Universale in salsa pittorica bergamasca opera di Cristoforo Baschenis il Vecchio, incastonato nel grande arco che dà accesso all’abside del Santuario della Santissima Trinità. Un capolavoro che qualcuno ha definito, per l’imponenza e le decine di figure rappresentate, la «Sistina bergamasca». In un aggettivo, altrettanto significativo, un’opera poco conosciuta, esattamente come la straordinaria saga della famiglia Baschenis da Averara per due secoli, dal 1450 fino alla metà del 1600, attraverso i due rami dell’albero genealogico di Lanfranco e Cristoforo, «frescanti» nelle valli delle Prealpi bergamasche, in Val Brembana, in Val Seriana, poi forse in Valtellina e sicuramente a lungo nelle Valli del Trentino, tra la Val Rendena e la Val di Sole. Affrescatori di muri di chiese e di eleganti palazzi, ad eccezione dell’ultimo, il più noto di tutti, quell’Evaristo, che «si diede alla pittura su tela, venendo meno alla tradizione famigliare».
Parte da qui, da questa definizione parte di un dialogo immaginario intessuto idealmente da Giovanni Valagussa con lo stesso Evaristo, ideatore delle nature morte con soggetti musicali, il docufilm firmato dal regista Alberto Nacci che si snoda a mò di viaggio nella bergamasca dei Baschenis, semplicemente «pittori della Val Brembana». È lo stesso Valagussa, conservatore della Carrara con un cursus honorum di docente e storico dell’arte che lo ha portato recentemente fino alla clamorosa attribuzione del Mantegna, ad assumere le vesti di Cicerone ed accompagnare, in poco meno di mezzora di visione, lo spettatore nei luoghi più significativi della produzione dei Baschenis: Cusio (Oratorio di S.Giovanni Battista), Casnigo (Santuario della SS.Trinità), Fontanella (Abbazia di S.Egidio), Fuipiano al Brembo (Casa Volpi), Lallio (Chiesa di S.Bernardino), Leffe (Casa Galizzi,
ora Casa Parrocchiale), Ornica (Chiesa di S. Ambrogio), Sombreno (Santuario di Sombreno), Santa Brigida (Santuario dell’Addolorata). Un viaggio a ritroso nel tempo, che partendo da Leffe, dai dipinti che Giovanni Galizzi, soldato, commissionò a Pietro Bachenis danno l’idea, proprio dal soffitto della sala che presenta l’affresco Il mito di Proserpina e quello di Perseo di quella che, Valagussa definisce «una raffinatezza esecutiva non comune. I Baschenis rappresentano forse l’esempio più significativo per durata e diffusione geografica di una tradizione famigliare che è piuttosto tipica delle botteghe di artisti italiani, specie di area veneta, a volte al massimo livello». «Il progetto iniziale — spiega Nacci che ha anche curato la sceneggiatura,mentre la scelta dei brani musicali d’epoca è stata affidata al musicista Michele Guadalupi che ha selezionato musiche di autori lombardi (e bergamaschi come Legrenzi) interpretati con strumenti d’epoca — prevedeva di realizzare un documentario sull’attività dei Baschenis in Bergamasca e in Trentino ma poi, anche per il Covid, abbiamo deciso di porre l’attenzione solo sui luoghi più significativi della provincia di Bergamo. Ne è uscito un docufilm che potrebbe essere il punto di partenza per un nuovo progetto di valorizzazione del territorio. Grazie a questo lavoro molti scopriranno alcuni angoli del nostro territorio pressoché sconosciuti e — conclude il regista — questo può alimentare un turismo culturale sottovalutato, o mai considerato, per le valli bergamasche».
La regia è di Alberto Nacci e ha collaborato Giovanni Valagussa della Carrara