C’è una nuvola lassù
Utilizzando semi di dente di leone l’artista tedesca Christiane Löhr ha realizzato nella cupola della chiesa di San Fedele un’opera che coniuga fede e natura
Con il solo uso di semi, fili d’erba, rametti o invisibili crini di cavallo, Christiane Löhr costruisce piccole architetture dall’apparenza instabile. Eppure, nonostante il suo lavoro tenda allo zero, al silenzio, addirittura alla scomparsa, lascia sempre un’emozione indelebile. A Milano l’artista tedesca ha esposto nel 1999 alla Galleria Ala, quando ancora non era una celebrità; poi nel 2006 Giuseppe Panza di Biumo le dedicò addirittura l’ultima pagina dei suoi ricordi di collezionista. Ora la galleria San Fedele, che anno dopo anno sta costruendo una collezione di arte contemporanea strepitosa grazie all’intraprendenza di padre Andrea Dall’Asta, l’ha coinvolta nella realizzazione di un’opera permanente nella cupola della Cappella delle Ballerine (così detta perché fino agli anni 80 quelle della Scala andavano a posare un fiore priPiccolo,
ma del debutto). Domani l’artista sarà presente sia all’inaugurazione della sua Samenwolke (la nuvola di semi di dente di leone) che della personale allestita nell’attigua galleria.
Löhr, cosa l’ha convinta ad accettare l’incarico?
«Lo spazio magnifico. Poi il fatto che sono in compagnia di grandi artisti e anche la prima donna invitata».
Ha scelto lei la cupola?
«Padre Andrea pensava a un intervento nella cupola e, credo, a qualcosa di grande e centrale. Io cerco sempre di capire le proporzioni che la scultura avrà nello spazio e alla fine ho fatto un intervento asimmetrico, come un pianeta che gira intorno all’occhio centrale della cupola.
ma di una misura perfetta per produrre il massimo di tensione».
Padre Andrea ci vede significati teologici e un riferimento diretto all’affresco sottostante della Madonna del Latte: immagini di fecondità, tenerezza e dolcezza. È d’accordo? «Sì, è un’interpretazione che funziona senza forzature: il seno della Vergine ha una forma convessa come la nuvola dentro il concavo della cupola. Inoltre il bambino guarda proprio alla nuvola. Forse perché con padre Andrea abbiamo parlato molto, alla fine le visioni hanno coinciso».
Lei è cattolica?
«Sono credente e cattolica nei documenti. Ma la mia fede
più che nelle istituzioni è nell’energia della natura».
Dove raccoglie erba e semi usati per le opere?
«Dovunque, anche nelle strade di Milano se vedo qualcosa che mi interessa. Molto spesso trovo i materiali giusti nel confine tra natura e civilizzazione».
Pensa che il Covid abbia cambiato l’atteggiamento dell’umanità nei confronti della Natura?
«Ora siamo più consapevoli e ho speranza che qualcosa rimarrà».
Non le importa che le sue sculture siano fragili e possano andare distrutte?
«Al contrario: per me è come se fossero di bronzo. Non tratto in alcun modo il materiale perché ha già in sé tanta stabilità, come dimostrano gli erbari medievali. Certo dobbiamo averne cura. Ma non ho mai pensato di fare un lavoro effimero: la chiesa è eterna e il lavoro deve essere eterno».