Tra note e parole un concerto per due
L’orchestra suona, il musicologo spiega
C’erano una volta i «concerti-conferenza» di Leonard Bernstein, entrati nella mitologia musicale classica; il verbo del musicista americano si incarnò vent’anni fa nei «Discovery Concert» della Verdi, che ebbero in Riccardo Chailly un anfitrione e un Virgilio trascinante e che da oggi (prossimi appuntamenti a novembre con Schubert e a dicembre con Beethoven e Shonberg) tornano in Auditorium con il ciclo «2x1»: Francesco Bossaglia dirigerà la Verdi, il musicologo Fabio Sartorelli guiderà l’ascolto.
«Mi piacerebbe dirigere, ma mi limiterò a chiedere a Francesco di far suonare questo o quel passaggio», si schermisce Sartorelli, che proprio pensando agli illustri esempi di Bernstein e Chailly ha preparato un percorso tutt’altro che accademico, sebbene l’aver a disposizione l’oreffetto; chestra gli permetterà di scendere fin nei più minuti dettagli. Il titolo «Consonanze e dissonanze» riunisce l’ouverture dal mozartiano «Ratto del serraglio», «Raminications» di Ligeti e le «Danses concertantes» di Stravinskij. «Saranno tre esperienze di ascolto diversissime tra loro, inutile cercare punti in comune, ponti attraverso secoli e stili che uniscano queste pagine», spiega Sartorelli. «Mozart, un intellettuale nella sua capacità di spiegarsi con perfetta chiarezza, diceva che non ci si sarebbe potuti addormentare durante l’ouverture neppure se si fosse passata una notte in bianco». In effetti è trascinante, travolgente, fin dall’irresistibile seppure sommesso incipit che poi esplode nella piena orchestra. «Le parti in forte sono affidate all’orchestra turca, con strumenti fragorosi, a le turcherie erano di gran moda, ma in questo esplosivo do maggiore affermato in modo insistito e perentorio c’è anche, ineffabile eppure percepibile, una venatura inquieta: forse il ricordo che novantanove anni prima del “Ratto dal serraglio” i turchi erano stati una seria minaccia per Vienna? Mi piacerebbe mettere a confronto le sonorità dell’orchestra classica e di quella “turca”, Mozart gioca tutta l’ouverture sulla loro diversità timbrica». Sorride quando pensa al finale delle «Danses concertantes». «Dentro un accordo consonante inserisce una nota che ne crea uno fortemente dissonante ma il pubblico non ne viene urtato, anzi di solito si alza ad applaudire. È la magia di Stravinskij, che per tutto il brano ha “sporcato” le armonie aggiungendo note e conducendo il pubblico in una percezione nuova».
Con «Ramifications», Ligeti si spinge ancora più in là. «Divide l’orchestra in due ensemble, uno suona un quarto di tono più in alto dell’altro, così anche quando eseguono le stesse note non sono mai assonanti, anche se non c’è l’impressione di dissonanza. A fine anni Sessanta, mentre si cercava la purezza dei suoni e delle armonie, Ligeti asserisce che la sua musica nasce dalla putrefazione, paragonandola ai microorganismi che sviluppano una vita all’interno di forme che si stanno decomponendo; non a caso il finale sono cinque battute di silenzio».