Corriere della Sera (Bergamo)

Filippo Tuena e le galanti parole (senza virgole)

- Daniela Morandi

Nel panorama degli scrittori italiani, Filippo Tuena è un signore dalla scrittura aristocrat­ica e modi gentili. Facile lasciarsi corteggiar­e, se il lettore sta al gioco di una narrazione fatta di opere d’arte, rimandi a poesie classiche e amori passionali di una vita, raccontati con parole galanti. Come «Le galanti». Edito il Saggiatore, tra i finalisti del Premio nazionale di narrativa Bergamo, sarà presentato domani alle 18 dall’autore, intervista­to da Maria Tosca Finazzi, in diretta Instragram e sui canali social della manifestaz­ione.

Tra quelli in cui vive e lavora, qual è il luogo in cui le viene meglio scrivere le sue opere?

«Lo studio di Milano. C’è silenzio e tranquilli­tà. Ho gran parte dei miei libri a portata di mano. Cosa che non accade nelle altre case dove può capitare di scrivere: a Roma regna un gran disordine ed essendo la casa in un vicolo del centro non c’è molta luce. In quella del mare scrivo in un soppalco aperto sul salotto e c’è confusione».

Nel volume riporta una fotografia con questo testo: “Questo è un libro di fantasmi”. Cosa intende con questa affermazio­ne e quali sono i fantasmi e rimorsi che riporta?

«Mentre lavoro, se mi viene una buona idea, prendo rapidissim­i appunti. Quello sui fantasmi è uno di questi. I miei rimorsi sono per quel che ho abbandonat­o e non sono riuscito a mantenere, sia come ricordi che come situazioni tangibili. A mano a mano che si procede con l’età ci si accorge di aver selezionat­o nel proprio vissuto ciò che non sempre corrispond­e a quel che avremmo desiderato». Perché definisce questo libro, Le galanti, una quasi autobiogra­fia?

«Perché segnala incontri a volte risolti, a volte mancati. Ogni opera d’arte che cito è in qualche modo collegata a un momento della mia esistenza. A volte lo segnalo in maniera esplicita, a volte quel nesso rimane nascosto ai più, ma non allo scrivente».

La sua è una scrittura che si potrebbe definire “aristocrat­ica”, ricca di colte speculazio­ni. Qual è l’identità del suo lettore?

«Non so chi sia. Non riesco a farne un identikit. Conoscendo­ne qualcuno a volte mi stupisco. Ho molti lettori tra giovani scrittori anche funambolic­i. Il termine aristocrat­ico non sembrerebb­e adattarsi a loro, eppure è così. Forse notano qualcosa di innovativo nella struttura dei miei libri e magari accettano una scrittura aristocrat­ica che altrimenti detestereb­bero. Per altro ho lettori di tutt’altro genere, molto più tradiziona­li. Su una cosa sono sicuro: ho bisogno di un lettore appassiona­to, di qualcuno che ami il gioco che si stabilisce tra autore e lettore».

Usa poche virgole.

«Sì, se posso le evito come la peste. Mi piace costruire un periodo articolato ma preferisco che siano le parole stesse a produrre le pause o i rallentame­nti o le accelerazi­oni insite in ogni genere di lettura. La virgola in qualche modo impone delle pause e credo fermamente che le pause della lettura siano compito del lettore: è lui a dover decidere dove tratteners­i o dove correre».

Chi sono “Le galanti”? «Le opere d’arte di cui tratto. Una delle loro funzioni è sedurre. Altrettant­o, la scrittura dovrebbe condurre il lettore all’autore o, in un percorso più sconnesso, il lettore al suo inconscio per far riemergere situazioni sommerse. Quanto c’è di seduttivo nelle Galanti credo dipenda da quel che ha dato origine al libro: lettere d’amore, indirizzat­e al profondo della persona che le legge».

Scrive “togli a uno scrittore la memoria e gli rimane poco altro”. Cosa?

«Non rimane niente, un segno grafico poco significat­ivo. La scrittura è esercizio di memoria».

Questo romanzo sembra una Wunderkamm­er, che rispecchia il suo essere cultore classico.

«Il libro ha un paio di modelli classici espliciti: le Metamorfos­i di Ovidio, a cui vorrei dedicare un prossimo libro, e alcune pagine delle Confession­i di Sant’Agostino, dove

❞ Togli a uno scrittore la memoria e non resta niente. La scrittura è un esercizio di memoria Filippo Tuena scrittore

viene descritta l’insorgenza dei ricordi. Un altro argomento che vorrei affrontare è la mnemotecni­ca, l’arte della Memoria. A meno che, in maniera inaspettat­a e trasversal­e, non sia stato proprio Le Galanti il libro che doveva trattare questo argomento. Noi autori non sappiamo mai dove ci conducono i libri che scriviamo».

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 L’autore sarà intervista­to in streaming domani da Maria Tosca Finazzi
Il volume  L’autore sarà intervista­to in streaming domani da Maria Tosca Finazzi
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«Le galanti» (edizioni Il Saggiatore, 670 pagine, 32 euro) è finalista al Premio Bg
 Filippo Tuena (foto) con «Le galanti» (edizioni Il Saggiatore, 670 pagine, 32 euro) è finalista al Premio Bg

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