Ex chiesetta, primo round agli islamici
Il tribunale: prelazione usata dalla Regione per discriminarli. La replica: ricorriamo
Il primo round se lo aggiudica l’Associazione Musulmani di Bergamo. Il tribunale di Bergamo ha accertato — con la sentenza del giudice Laura Brambilla del 7 ottobre — il carattere discriminatorio della condotta della Regione Lombardia ai danni degli islamici. Il caso, che risale alla fine del 2018, è quello della chiesa degli ex Ospedali Riuniti, che era stata messa in vendita dall’Asst Papa Giovanni XXIII.
L’asta — con un’offerta di oltre 452 mila euro e un rialzo dell’8% — se l’era aggiudicata a sorpresa l’Associazione Musulmani. Il giorno successivo all’asta, il presidente della Regione, il leghista Attilio Fontana, aveva dichiarato che il simbolo della cristianità (dal 2015 concesso in comodato d’uso gratuito alla Diocesi Ortodossa Romena) sarebbe stato salvaguardato. «Regione Lombardia — aveva detto — farà valere il diritto di prelazione». Ne era seguito un lungo dibattito, anche politico. Poi a ottobre dell’anno scorso, il gruppo islamico aveva fatto ricorso al tribunale civile sostenendo la natura discriminatoria del documento con cui la Regione aveva esercitato la prelazione sull’immobile. Ora, di fronte alla sentenza del giudice civile, la Regione annuncia ricorso: «Faremo sicuramente appello», dicono da Palazzo Lombardia.
L’Associazione Musulmani, difesa dagli avvocati Andrea Di Lascio e Nabil Ryah, ha allegato alla sua tesi numerose dichiarazioni di Fontana e di alcuni suoi assessori sulla vicenda da cui, secondo gli islamici, emergeva la chiara volontà di impedire l’acquisto del bene da parte dei musulmani proprio per via della loro religione. La Regione ha invece negato che la prelazioForoni ne sia stata esercitata per discriminare gli islamici in favore degli ortodossi. Gli islamici contestavano poi il piano della Regione di convertire la chiesa in centro culturale.
La sentenza racconta anche che è stato impossibile arrivare a una conciliazione tra le parti perché la Regione non si è resa disponibile a offrire un immobile diverso e alternativo ai musulmani. Secondo il giudice, le dichiarazioni di Fontana e degli assessori Claudia Maria Terzi e Pietro mostrano l’intenzione di esercitare la prelazione per evitare che un luogo della cristianità passi agli islamici invece che agli ortodossi, e scongiurare così il rischio che l’immobile venga trasformato in moschea. Il giudice sottolinea anche che, per diversi mesi, il presidente della giunta regionale ha ribadito l’intenzione di esercitare la prelazione senza che ci fosse necessità di motivazione. La sentenza sostiene poi che il progetto culturale della giunta lombarda, presentato per motivare la scelta sulla prelazione, «è palesemente generico
La difesa La Regione nega intenti discriminatori verso gli islamici, ma il giudice li ha riconosciuti
e fuorviante nella parte in cui intende valorizzare il turismo sanitario, atteso che nei pressi del bene non vi è più nessun ospedale».
Il giudice scrive anche che la condotta della Regione ha messo l’Associazione Musulmani in una situazione svantaggiata rispetto a quella che sarebbe stata garantita agli ortodossi (anche loro avevano partecipato all’asta) se la loro offerta economica fosse risultata vittoriosa.