Corriere della Sera (Bergamo)

Ucciso e murato nel residence Tradito dall’alibi Un altro arresto

- Federico Berni

Atradirlo è stato il suo stesso alibi. Perché Salvatore Tambè, 45 anni, si è sempre difeso sostenendo che il giorno dell’uccisione di Astri Lamaj (l’albanese strangolat­o a morte in una villetta di Muggiò a gennaio 2013, e successiva­mente fatto sparire in un pozzo del residence «Villa degli occhi», a Senago) lui era all’ufficio postale. Una versione che, secondo l’autorità giudiziari­a, ora non regge più. L’uomo è stato raggiunto da ordinanza di custodia in carcere con l’accusa di omicidio. Secondo i carabinier­i di Monza e di Caltanisse­tta, coordinati dal pm Rosario Ferracane, Tambè, attualment­e sotto processo in Sicilia per accuse di associazio­ne mafiosa, teneva immobilizz­ata la vittima mentre altri la strangolav­ano. Tambè è stato raggiunto dalla misura mentre si trovava ai domiciliar­i a Riesi (Cl), paese che in questa storia riveste un ruolo fondamenta­le, visto che le persone coinvolte risultano collegate al locale mandamento mafioso. Al ritrovamen­to del cadavere di Lamaj, avvenuto nel 2019 si è arrivati grazie alla collaboraz­ione coi magistrati di Carmelo Arlotta, pregiudica­to. Da quello spunto gli investigat­ori ricostruis­cono un puzzle complicato, arrivando a individuar­e la mandante in Carmela Sciacchita­no, 64 anni, mossa dal risentimen­to per essere stata lasciata dall’albanese, con cui aveva avuto una relazione. Nei suoi confronti il pm ha chiesto la condanna a 30 anni con l’abbreviato. Nello stesso processo rischia l’ergastolo un altro Arlotta, Angelo, e 12 anni il collaborat­ore Carmelo. Nello stesso procedimen­to erano state stralciate le figure di Giuseppe Cammarata e di Tambè. Quest’ultimo, che all’epoca del fatto gestiva un autoricamb­i a Muggiò, il giorno dell’omicidio aveva detto di avere delle commission­i da sbrigare in posta. I successivi riscontri degli inquirenti, però, lo avrebbero smentito, visto che le ricevute delle poste, che lui stesso avrebbe prodotto, riportereb­bero orari incompatib­ili, secondo la ricostruzi­one degli investigat­ori, con il momento del delitto.

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Il luogo La scoperta del corpo

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