«Farò cantare le note di Mahler»
«È la mia preferita perché è positiva e solare»
«La Terza è la sinfonia di Mahler che ho più studiato, più eseguito e che più amo». Potrebbe bastare questa affermazione e terminare qui la riflessione di Zubin Mehta sul capolavoro del musicista boemo che da stasera dirige alla Scala dopo aver concertato in queste settimane un’applauditissima «Traviata». Allo stesso tempo una dichiarazione così appassionata potrebbe giustificare una lectio concertate magistralis da parte di uno degli interpreti mahleriani più acuti e trascinanti degli ultimi decenni. Mehta opta per un intreccio di osservazioni e ricordi personali in cui cita la Scala e i colleghi che lo hanno ispirato. «Prediligo questa sinfonia perché è l’unica dove Mahler è positivo e sereno dall’inizio alla fine; non c’è la tragedia latente o incombente che viene a offuscare o stravolgere la luce e il seuna L’ho studiata a Vienna con Hans Swarowsky, che a sua volta l’aveva affrontata con Webern. Però a metà del Novecento, Mahler non era considerato né sentito un compositore viennese; fu il grande Leonard Bernstein a insegnare Mahler ai viennesi, e sul solco tracciato da lui sono stati i direttori della mia generazione, penso innanzitutto al mio amico Claudio Abbado, a divulgarne e affermarne la musica».
Abbado, grazie anche alla creazione della Filarmonica, portò Mahler alla Scala, e in questi anni è stato Riccardo Chailly a proseguire e approfondire il viaggio nell’universo sinfonico del boemo. «Anch’io ho diretto l’orchestra scaligera nella Terza, negli anni Ottanta. Mi ricordo una splendida Waltraud Meier, ma anche il soprano che canta adesso, Daniela Sindram, ha voce splendida. Parlando di Terza e di Scala, non posso non ricordare un mito come Dimitri Mitropoulos, che qui morì sul podio mentre stava provando la sinfonia; mi trovavo a Montreal quando arrivò la notizia».
Tornando a un mito prima menzionato, Bernstein, Mehta svela un aneddoto legato alla Terza: «Avevo seguito varie sue prove in occasione di alcuni concerti mahleriani. A New York toccava a me affrontare la Terza e lo invitai, chiedendogli un parere spassionato e sincero, visto che ormai eravamo diventati amici. Apprezzò quasi tutto, ma mi suggerì di eseguire il sesto movimento molto più lentamente». Non sa dire neanche lui se abbia messo in pratica l’indicazione del maestro. «Ogni volta è diverso, ogni volta non c’è solo la mia idea, ma l’atmosfera circostante e soprattutto l’orchestra. Prendiamo i solisti: nel primo movimento c’è l’assolo del trombone, che rappresenta il dio Pan, e non mi ricordo di due trombonisti che l’abreno. biano eseguito allo stesso modo. E così per l’oboe o il violino. Un direttore non deve essere dittatore, ma lasciare che i professori si esprimano. Certo, se una certa interpretazione proprio non mi piace lo dico». Il Finale è la parte preferita della sinfonia. «Mahler mette tutto il suo cuore, basta ascoltare l’incipit dove l’orchestra suona pianissimo; non è però rarefazione, è un canto pieno: e la Filarmonica è bravissima a cantare».