Corriere della Sera (Bergamo)

Rsa, personale senza tamponi «La Regione ci sostenga»

Le case di riposo chiedono la possibilit­à di fare test periodici sugli operatori Bilanci in difficoltà: «Servono contributi per coprire le rette mancate»

- Maddalena Berbenni

Si potrebbe partire da due numeri per raccontare la situazione delle case di riposo al 15 ottobre dell’era Covid. Li riporta Mirko Gaverini, che è vice presidente dell’associazio­ne Case di riposo bergamasch­e e direttore di quattro strutture a Clusone, Villa d’Almè, Casazza e Tavernola. Il primo riguarda i danni subiti a causa della pandemia: «Il totale è di 60 milioni», riferisce. L’altro è una stima: «Con Ats abbiamo calcolato che per un piano di prevenzion­e come si deve, da qui ad aprile, servirebbe­ro 3 milioni di euro». Prevenzion­e e sostegno ecoi nomico. Sono i temi di questa fase che precede l’inverno dopo il dramma di marzo: quasi 2 mila morti nelle Rsa, 1.322 in più del 2019, è il dato raccolto nell’indagine della Procura.

C’è un nodo tamponi che riguarda il personale. Ogni Rsa si è organizzat­a in questi mesi per consentire qualche contatto in più tra gli anziani e le loro famiglie, come visite all’aperto una volta alla settimana. In sostanza, però, gli unici a entrare nelle strutture e a essere potenziali vettori del virus sono gli operatori. Se per gli ospiti il sistema per ora funziona («Di fronte a un caso sospetto, facciamo il tampone al mattino e la sera abbiamo l’esito»), nulla al momento è previsto per chi lavora a contatto con loro. «Quello dei tamponi — spiega Gaverini — è un onere di cui la Regione ha promesso di farsi a carico, noi li stiamo chiedendo in tutte le salse. Purtroppo ad oggi siamo fermi al primo giro di controllo». Di prima dell’estate. «Sarebbero auspicabil­i controlli periodici», aggiunge Gaverini. Ma mettersi sulle spalle costi, quei 3 milioni indicati dai preventivi, non sembra sostenibil­e «considerat­o che economicam­ente le strutture sono in ginocchio».

A Piazza Brembana, la Fondazione Don Palla si è ritrovata con un passivo di 300 mila euro per le rette non incassate. Eppure, in attesa che la politica batta un colpo, il presidente Michele Iagulli si è impuntato. Con la cooperativ­a che fornisce il personale, sebbene la legge non preveda obblighi, si suddivider­à i costi per garantire i tamponi ai suoi dipendenti «almeno una volta al mese». A lungo professore al liceo della valle, recupera la formazione filosofica per spiegare la sua visione olistica di una Rsa: «Non si può scindere gli ospiti dal personale, sono come un’unica entità. Se vogliamo lavorare in modo serio, i tamponi li dobbiamo fare. Il problema, però, è politico». A Treviglio, anche Augusto Baruffi, da 9 anni alla guida della Fondazione Anni Sereni, ha già messo a bilancio la spesa, pure lui a dispetto dei 400 mila euro di rosso: 3 mila euro per un centinaio di test rapidi, che vanno ad aggiungers­i ai 20 mila per le mascherine chirurgich­e e agli 8 mila per le Ffp2. «Vogliamo tenere i test per le situazioni di emergenza». Fa un esempio: «Abbiamo 150 dipendenti, molte sono mamme con figli che vanno a scuola. Se c’è il dubbio che il bambino abbia il virus, io voglio sapere se devo mandare a casa l’operatrice o se posso farla lavorare». Certo, sottolinea, «non si capisce perché siano stati aiutati tutti e le Rsa no».

In un quadro generale al momento tranquillo, un caso positivo è stato registrato nei giorni scorsi a Villa Serena, a Brembate Sopra. Il paziente è stato isolato e trasferito in un centro per sub intensivi a Vimercate. «Per salvaguard­are le Rsa la Regione ha previsto che siano individuat­i alcuni ospedali o cliniche dove trasferire i malati — chiarisce il presidente Fabrizio Ondei —, ma allo stato in provincia non c’è nulla». Si sente la fatica nelle sue parole: «Siamo tutti veramente provati dal punto di vista psicologic­o. Gli ospiti non stanno vedendo i parenti da tempo e gli operatori, come si suole dire, stanno tirando la carretta fra mille difficoltà di gestione. In Regione continuano e ripeterci che ci faranno sapere, sembra di andare a un colloquio. Non riescono a capire che se chiediamo i tamponi, non lo facciamo per farci belli, ma perché è una necessità reale».

Le altre richieste toccano il nodo economico. Dopo il periodo di chiusura totale, le Rsa sono tornate ad accogliere: «Su 6.500 posti letto — ricapitola Gaverini — e quasi 2.000 perdite, al 5 di ottobre abbiamo calcolato 980 ingressi mentre restano vuoti 812 posti». Un numero che comprende i posti letto che la Regione chiede di lasciare liberi, indicativa­mente 1 ogni 20. Da qui i problemi di bilancio: meno pazienti, meno rette, ma anche meno contributi dalla Regione (per le strutture accreditat­e è previsto un contributo medio al giorno di 40 euro per persona, una cifra che varia a seconda delle prestazion­i). «Tenuto conto — dice Gaverini — della particolar­e situazione di Bergamo, dove si è registrata la metà delle vittime delle Rsa di tutta la Lombardia, abbiamo chiesto alla Regione che copra il budget del 2019 e un rimborso per le spese che abbiamo sostenuto per i dispositiv­i di protezione. È vero che c’è stato un bando a cui molti di noi hanno partecipat­o, ma chi è riuscito ad accedere ha avuto solo il 9%. Stiamo aspettando risposte». Un ultimo tema riguarda la mancanza di infermieri. «Sono stati chiamati da ospedali e cliniche e soprattutt­o il privato propone compensi che noi non possiamo permetterc­i — dice Gaverini —. Parecchie strutture sono già andate in difficoltà per coprire le 24 ore».

Proprio sul tema dei tamponi e dei sostegni economici, la Comunità montana della Val Brembana ha approvato all’unanimità una delibera, nata da una mozione del sindaco di Olmo Carmelo Goglio, per sostenere le ragioni delle Rsa.

❞ Stiamo chiedendo i tamponi per gli operatori in tutte le salse, ma siamo fermi al primo giro di controllo Mirko Gaverini associazio­ne Case di riposo bergamasch­e

❞ Siamo tutti veramente provati. Gli ospiti non stanno vedendo i parenti da troppo tempo e la gestione del lavoro è sempre più difficile Fabrizio Ondei Villa Serena

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Blindate Qui, un saluto alla Rsa di Treviglio; in alto ospiti e operatori a Covo

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