Diari del Covid fotografici, in piazza e all’ospedale
Le strade vuote e la vita confinata fra quattro mura, la solitudine di preti e partorienti, ma anche gli occhi scavati dei sopravvissuti al Covid19, i gesti dei medici nascosti da guanti e tute, i fari e la copertura mimetica dei camion che portavano le bare nei forni crematori di altre città: è un diario fatto da immagini strazianti e meravigliose quello allestito da ieri all’8 novembre, da Fotografica - Festival di Fotografia Bergamo, in questa speciale edizione promossa all’aperto, con la collaborazione del Comune di Bergamo e il sostegno di Fondazione Creberg. Un film della memoria, realizzato nell’ambito del più ampio progetto Covidiaries, scandito dagli scatti che l’agenzia milanese Parallelozero ha realizzato nei giorni più drammatici della pandemia, che ora invitano a fermarsi (e forse ritrovarsi) in due luoghi simbolo: «Piazza Vittorio Veneto, cuore della città, e l’Ospedale Papa Giovanni XXIII, emblema nazionale e internazionale della lotta al coronavirus — spiega la presidente dell’associazione Daniela Sonzogni —. Fotografica nasce per raccontare i grandi fatti di attualità. Non avremmo potuto esimerci dal testimoniare un evento così dirompente». Ha stravolto la vita, spingendo le persone a «reagire nei modi più vari e a cercare di vedere questo periodo non solo come qualcosa di negativo, ma anche come un’opportunità per cambiare», aggiunge per il Comune di Bergamo Marzia Marchesi, assessore al Verde pubblico e all’Educazione alla cittadinanza.
Se nelle oltre trenta istantanee dislocate in piazza Vittorio Veneto si narrano, in ordine cronologico (e come suggerisce il titolo dell’esposizione), «Le nostre vite sospese» durante il periodo del lockdown, in ospedale si racconta il «Faccia a faccia con il virus». Le scene riempiono d’emozione i primi curiosi, ma anche lo sguardo di uno dei fotografi che le ha realizzate, Sergio Ramazzotti: «Rievocano i sentimenti contrastanti provati in quegli istanti: lo sgomento per esser costretto a vedere e documentare persone che soffrivano e morivano, ma anche l’orgoglio provato di fronte al lavoro di tanti sanitari e nel sentirsi parte di una comunità». A ospitare la mostra è lo spazio sottostante alla grande pergola esterna all’ingresso principale dell’ospedale, dove le foto sono state disposte in modo da creare la cosiddetta «Costellazione del Caduceo o del medico»: sei grandi stelle che formano una freccia e indicano, idealmente, il futuro e il cammino da percorrere.