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La Regione prepara l'alt per le grandi strutture nei fine settimana Il direttore di Oriocenter: norme più che rispettate, allora si chiuda tutto La proposta dell’Ascom per tutelare «centinaia di punti vendita e migliaia di lavoratori»
Conto alla rovescia per i centri commerciali. Si contano i giorni che mancano al prossimo weekend e si contano le ore per capire se e come entrerà in vigore la nuova ordinanza della Regione che chiuderà le grandi strutture di vendita proprio nei fine settimana. Cioè i due giorni nei quali viene registrato il 2030% del fatturato settimanale. Anche se, come succedeva nei mesi del lockdown, dovrebbero restare aperte le parti dedicate al settore alimentare. Il provvedimento sarebbe dovuto essere firmato insieme a quello che istituirà da domani un coprifuoco dalle 23 alle 5, ma secondo alcune voci sembra che le due misure saranno separate in modo da essere sottoposte a diverse valutazioni. Si dovrebbe sapere qualcosa di più preciso solo oggi.
Nel frattempo parte la protesta. «Tra le città, i mezzi pubblici e i centri commerciali quali sono i posti più sicuri? — è la domanda retorica di Ruggero Pizzagalli, direttore di Oriocenter —. Abbiamo fatto di tutto per garantire la sicurezza, nei week end c’è anche l’ambulanza. Invece arriva questa batosta proprio mentre ci si avvicina al Natale. Se c’è un’emergenza così grande chiudiamo tutto, non usiamo due pesi e due misuogni re». «Se sarà un provvedimento utile a bloccare la diffusione del contagio sarò felice di chiudere, anche se stavamo iniziando ora a rivedendo la luce, ma non si capisce la logica — è l’obiezione di Roberto Speri, direttore delle Due Torri di Stezzano —. Abbiamo ingressi calcolati su una media di una persona 12 metri quadrati, c’è gel dappertutto, la verifica delle mascherine. Se dovessero chiudere noi e le strutture come la nostra, in quei giorni andranno in altri posti dove lo stesso livello di controllo non c’è».
L’Ascom di Bergamo colloca il suo allarme per il provvedimento nell’ambito della crisi del settore. E la collega anche alle conseguenze del coprifuoco. «Bisogna valutare le situazioni territorio per territorio, non si può far pagare tutta la regione per Milano — commenta il direttore Oscar Fusini —. La pandemia non si risolve chiudendo solo il commercio. Il pregiudizio è che il commercio e il turismo siano settori di serie B». Oltre a esprimere forti critiche, però, Ascom vuole anche formulare una controproposta: «Nei territori che mantengono un numero basso di contagi (come, al momento Bergamo e il resto della provincia) chiediamo che si possa continuare a lavorare. Chiediamo di agire sul rispetto delle regole e non sulla paura di non essere capaci di farle rispettare».
Un grave danno al commercio arriverebbe anche dal coprifuoco che poterebbe con sé anche la chiusura anticipata dei locali pubblici. «La misura penalizzerebbe ulteriormente un settore, come quello dei pubblici esercizi, già in grossa difficoltà — ricorda Fusini —. Dopo aver colpito duramente i locali serali e il settore dell’intrattenimento, ora arriva una nuova mazzata per la ristorazione: le 23 è un orario che limita fortemente le cene fuori casa. I locali non avrebbero i tempi necessari per offrire un servizio adeguato e le prenotazioni si concentrerebbero così in primissima serata».
La chiusura dei centri commerciali e delle strutture di media superficie coinvolgerebbe anche tutto il resto del commercio: «Tra le medie superfici — ricorda infatti Fusini — rientrano anche attività che contano su grandi spazi espositivi, penso a concessionarie e mobilifici, che non portano certo ad assembramenti. Inoltre la chiusura dei centri commerciali mette a rischio centinaia di punti vendita e migliaia di lavoratori».