«Tizzani disse: l’ho uccisa io»
Delitto Del Gaudio, le parole del marito. I familiari: fu solo uno sfogo
«L’ho uccisa io, ma devono dimostrare i tempi», avrebbe detto Antonio Tizzani al figlio Mario durante un litigio. Quest’ultimo sostiene che fu uno sfogo, non una confessione.
Fermo causa Covid al 18 febbraio, il processo per l’omicidio di Gianna Del Gaudio, l’insegnante di Seriate, 63 anni, uccisa in casa la notte del 27 agosto 2016, riprende con le testimonianze del figlio Mario e della sua compagna Alessandra Manenti. Presente l’imputato Antonio Tizzani, marito della vittima.
Che anche in famiglia ci siano stati dubbi su un suo coinvolgimento è emerso piuttosto chiaramente. Di fronte alla madre stesa in una pozza di sangue Mario Tizzani ammette di avere notato che il padre non si era sporcato. Lui sì, subito si era chinato per sentire il battito. «Le è venuto il dubbio che fosse successo qualcosa tra i suoi genitori?», chiede il pm Laura Cocucci. «Sì, lui mi aveva detto che era in giardino ad innaffiare e che non si era accorto di niente. Chiesi com’era possibile che non avesse sentito urlare». In più la borsetta trovata in corridoio con il portafogli aperto e i soldi gli era sembrata «una scena costruita ad arte. Uno che entra a rubare, va via senza niente?». Nei mesi successivi Mario ne parlò a più riprese col padre. Ne discussero anche il 13 gennaio 2017. «Sono stato io, mettetemi in galera. Sono stato io, ma prima bisogna dimostrare i tempi», le parole di Tizzani riportate da Manenti in una telefonata alla madre. Gliele aveva riferite Mario, a cui aveva suggerito di andare dai carabinieri perché era stata detta «una cosa molto grave». Una confessione? Manenti sostiene di avere poi capito che erano state frasi pronunciate «per esasperazione, per chiudere la discussione. Se avessi sentito una vera confessione, sarei andata io stessa in caserma». Mario Tizzani, nella sostanza, ribadisce il concetto: «È come se avesse voluto dire che non lo volevamo in casa». La coppia dà uguali versioni su altro. Dove si lavò le mani Mario dal sangue della madre? «Nel bagno di mio fratello, sono sicuro», la sua risposta, che potrebbe segnare un punto per l’accusa, perché una traccia di sangue fu trovata sul lavabo della toilette dei coniugi: come ci arrivò? Più spostato verso la difesa (avvocato Giovanna Agnelli) il ricordo della cena insieme: «Fu una serata molto piacevole». I tempi, appunto, sono un nodo su cui le parti si rubano i minuti. Tizzani chiamò i soccorsi alle 00.40, figlio e nuora non sanne, no dare un orario preciso a quando si allontanarono, «penso tra i 10 e i 15 minuti» dopo le 24, ipotizza Manenti. Tornarono a distanza di «circa mezzora» in seguito alla telefonata disperata di Tizzani. Dopo il delitto indossava «la polo azzurra che aveva a tavola». Intonsa. Si è parlato anche dell’uomo incappucciato che dice di avere sorpreso chino sulla borsetta. Un uomo con le mani «scure» e con baffi e occhiali. Descrizione che rimanda all’ex consuocero: «Sospettava che c’entrasse», chiarisce Manenti.
Sui presunti maltrattamenti, Mario dichiara di avere assistito a sfuriate del padre, che avvenivano all’incirca ogni tre settimane, «per qualsiasi cosa», e che potevano degenerare se Del Gaudio ribatteva. Ammette di essersi frapposto spesso in difesa di lei, di averla vista piangere, strattonare, colpire con il dorso della mano e con l’anello che le aveva fatto sanguinare il labbro. Ricorda insulti come «bambola» e «zoccola». «Ma non succedeva a ogni litigio», precisa. «Gianna — testimonia la madre di Manenti — mi confidò che Antonio la maltrattava, parlò di sberle. Le chiesi perché restava con lui. Rispose che lo amava».
I maltrattamenti Mario Tizzani conferma di avere visto il padre colpire la madre se le liti degeneravano