Traffico illecito di rifiuti Imprenditore arrestato tre volte in sedici mesi
Altri 4 bergamaschi indagati, coinvolta azienda di Costa Volpino
In una telefonata del 2019, intercettata, parlava di un compenso di 1.800 euro per ogni viaggio: ritiro dei rifiuti illegali, trasporto e deposito in capannoni abusivi. Incassi che potevano anche raggiungere i 15 mila euro a settimana. Per Maurizio Assanelli, autotrasportatore di Pagazzano di 56 anni, è scattato ieri il terzo arresto in un anno e mezzo per traffico illecito di rifiuti, sempre da parte del tribunale di Milano: il primo risaliva a giugno dell’anno scorso (carcere, poi domiciliari), quindi un’altra notifica di arresti domiciliari a ottobre, sempre del 2019, e ora un’altra inchiesta in cui è coinvolto, per presunti traffici tra il Varesotto e il Comasco secondo la Direzione distrettuale antimafia.
In questo caso la Autotrasporti Assanelli (che l’imprenditore arrestato gestiva con il fratello Stefano, morto suicida il 29 gennaio) aveva frequenti rapporti con l’azienda Tecnobeton srl di Lurate Caccivio (Como), gestita da Antonio Foti, calabrese di casa ad Appiano Gentile, che è in carcere. Secondo il capo d’imputazione la Tecnobeton avrebbe smaltito, grazie ai trasporti di Assanelli, «materiali eterogenei, post consumo per uso comune nonché derivanti da processi produttivi di tipo industriale-artigianale, per un totale di circa 350 tonnellate in siti e capannoni privi di qualsivoglia autorizzazione alla gestione dei rifiune. ti e adibiti a vere e proprie discariche abusive», con condotte contestate dal 7 ottobre 2019 e «in atto», quindi in corso fino agli arresti secondo le accuse. Maurizio Assanelli sarebbe partito più volte dal Comasco per raggiungere capannoni a San Massimo (Verona), Castellazzo Bormida (Alessandria), Meleti (Lodi), Pregnana Milanese, Romentino (Novara) e Mossa (Gorizia).
L’inchiesta, però, è più ampia: ha portato a richieste di misure cautelari per 23 persoLa Dda è arrivata a Foti, incrociando di nuovo il nome di Assanelli, dopo aver avviato accertamenti su altre aziende, prima la Inter Waste di Milano (subentrata alla West Mag della famiglia Magarelli, che ha tre indagati), e poi la Diamond srl con sede legale a Costa Volpino, in affari con la società di trasporti Drosi srl, dove il «ramo rifiuti», sempre stando alle accuse, era gestito dal salernitano Mario Accarino: per lui la custodia cautelare in carcere con la sorella Laura Morena. Ed è su questo fronte che spunta un altro giro di bergamaschi. Tramite Mauro Redondi, 54 anni, di Costa Volpino, e Giuseppe Breviario, 58, di Bergamo, entrambi ai domiciliari, Accarino avrebbe acquisito il controllo della Diamond, che a giugno del 2019 era subentrata nella gestione di uno stabilimento di Lissone già autorizzato dalla Provincia di Monza e Brianza per l’attività di recupero di rifiuti non pericolosi. In quel passaggio societario risultano coinvolti anche Sergio Camozzi, 43 anni, di Bergamo, e Serio Danesi, 74, di Parzanica: indagati, per loro la richiesta degli arresti domiciliari è stata respinta. Secondo gli investigatori gli impianti di Lissone sarebbero stati utilizzati per dare una parvenza di regolarità a carichi di rifiuti illeciti.
L’accusa in un anno 350 tonnellate di materiale «vario» stipate in capannoni abusivi