Carrara, segreti svelati dal carteggio di Scuri
Riordinato l’archivio: «Faremo luce una fase degli allestimenti di cui sappiamo poco»
Uno dei grandi protagonisti della scena artistica bergamasca dell’Ottocento, un pittore apprezzato in città (sua la decorazione, realizzata fra il 1863 e 1867, della cupola della nuova chiesa di Santa Maria Immacolata delle Grazie) ma anche fuori (si occupò, per esempio, dei cicli pittorici del Santuario dell’Incoronata a Lodi). Un allievo di Giuseppe Diotti alla Scuola di Pittura dell’Accademia Carrara, quindi suo successore alla direzione dell’ente, dal 1841 al 1884.
Eppure al di là dei ruoli pubblici, Enrico Scuri (18061884) fu un appassionato di teatro e lirica, un maestro attento e quasi paterno, che seguiva gli alunni anche al termine degli studi e si prodigava per insegnare alle giovani artiste a domicilio (perché non potevano accedere all’Accademia di Belle Arti). E ancora, fu un marito che amava scrivere lettere alla moglie Caterina Landriani, con la quale aveva — rivela Paolo Plebani, responsabile degli archivi in Accademia Carrara — «un appassionato carteggio che riletto oggi appare quasi un romanzo». A far luce sugli aspetti più istituzionali ma anche più intimi della sua figura è stato l’intervento di riordino e di inventariazione, avviato a giugno del 2019, dell’Archivio Scuri Galizzi, donato alla Carrara nel 1994 dagli eredi, attraverso il pronipote Luigi Galizzi. Uno scrigno di lettere, minute, foto, cataloghi e sonetti «appartenuti non solo a Enrico e alla consorte — spiega l’archivista Paola Bianchi che si è occupata del progetto — ma anche ai genitori, Cristoforo e Francesca Maver, e alla figlia Selene Scuri e al marito Luigi Galizzi». Fu quest’ultima che lesse, annotò e arricchì, «in modo meraviglioso — commenta Maria Cristina Rodeschini, direttore del museo — la mole di documenti che ora è stata riordinata grazie al contributo dell’Accademia di belle arti». E il cui inventario «sarà presto messo a disposizione sul sito del museo», anticipa Plebani.
Una scelta apprezzata da Alessandra Pioselli, direttore dell’Accademia di belle arti, che sottolinea come un «archivio deve essere un contesto dinamico che possa sempre generare nuove ricerche e interpretazioni, ancora latenti». Informazioni e curiosità sono già emerse: «La ricchezza — aggiunge Bianchi — dei carteggi, nei quali figurano 200 corrispondenti, offre spunti sulla storia sociale e culturale dell’Ottocento, non solo a livello locale». Anche la storia delle due istituzioni artistiche si arricchisce: «Abbiamo rinvenuto — conclude Plebani — appunti per un regolamento relativo ai modelli per il nudo, di cui non c’è traccia nella documentazione dell’Accademia, e trovato un elenco di quadri del museo, probabilmente precedente al 1861, che consentirà di ricostruire una fase degli allestimenti di cui sappiamo poco».
L’annuncio «L’inventario sarà presto messo a disposizione sul sito del museo»