Il Fuorisalone del «riciclo» Cosa sarà delle installazioni Dall’Opificio 31 alla Statale
Circoli virtuosi tra raccolta differenziata e recupero dei materiali
In via Tortona le manovre dei camion bloccano il traffico in un tentativo di incastro che sembra un tetris in scala industriale. All’Opificio, al Superstudio e da Base, all’ex Ansaldo, è tutto un trapanare, un martellio, un impilare pannelli e listelli di legno, separare i materiali. Si cerca di dare ordine al caos di cantiere, di tradurre la «sostenibilità» da parole in azioni. È il primo giorno dopo la Design week, e la densità di mezzi pesanti raggiunge l’apice, fotografia della mole di sostanza che si accumula dietro al Grande evento, spesso considerato Fiera dell’Effimero. È la distruzione creatrice: dalla Statale alla Darsena, dove all’alba i pick up hanno smantellato la Foresta galleggiante che sarà parcheggiata al vivaio Peverelli (vedi articolo a fianco), mentre il verde sul ponte Merini resterà sul Naviglio prima di andare a rinverdire l’area tra Trezzano e Gaggiano.
Ma per capire cosa succederà alle maxi-installazioni del Fuorisalone appena concluso, si parta dall’epicentro della Statale. Qui molte aziende hanno deciso di smontare le opere e rimontarle in sede, o di procedere a disallestimenti virtuosi dove, dicono dalla Nardi (ditta di arredi da esterni che ha allestito un Giardino-labirinto nel chiostro del ’700), «nulla verrà sprecato o buttato»: 850 piante di bambù passano nelle mani dei paesaggisti di Paghera fino alla posa nell’area esterna all’università di Lodi, a cui sono state donate. E gli oltre 400 moduli in plastica riciclata, flessibili e componibili, saranno riportati in azienda, ripuliti e rimessi in vendita a prezzo di usato, così come gli arredi. Recupero e riuso anche per Fabbrica di Piero Lissoni per Sanlorenzo, l’impalcatura in quota nel cortile d’Onore e per il rame protagonista dell’allestimento di Eni all’Orto Botanico di Brera.
Tra i progetti di riduzione dei rifiuti e trasformazione dei materiali, c’è Waste Less di Tortona Rocks all’Opificio 31. Si pensi alla facciata colorata e «decostruita» dell’edificio centrale, camaleontico luogo simbolo della Design week, installazione di Iqos smantellata ieri e caricata sul camion verso i magazzini torinesi della società. Al netto di prossimi utilizzi, i materiali saranno girati ad associazioni della rete Zero waste, tramite la mediazione di Switch on lab, società di consulenza per la sostenibilità degli eventi di Danilo Boni (che a curriculum ha la gestione al Giro d’Italia): legno, tessuti, pavimenti che saranno riciclati da realtà impegnate nel Design sostenibile come Parallelo lab, Terra di tutti e Redo Upcycling.
A gestire gli «ecopunti» per la differenziata durante la settimana c’erano volontari del Ciessevi, anche se la filosofia durante gli eventi, spiega Boni, è innanzitutto «ridurre i rifiuti», anche perché il riciclo non è spesso fattibile con l’80 per cento della plastica che ancora finisce negli inceneritori. «I materiali per gli eventi — dice — andrebbero però scelti a monte in base al tipo di utilizzo, privilegiandone la possibilità di riuso».
Pioniera «zero rifiuti» è la gallerista Rossella Orlandi. In via Bandello, sono stati usati solo oggetti dal cantiere immobiliare, poi restituiti, o materiale di riciclo in prestito, con il legno dei cordoli delle installazioni nel parco che finirà come legna da camino.