I tormenti di una Madre
Alessandra Ferri torna alla Scala per «AfteRite» di McGregor in un’ambientazione apocalittica
«Ècosì difficile interpretare questa Madre che deve scegliere quale delle due figlie sacrificare per la sopravvivenza della comunità. È un ruolo che mi tocca profondamente come madre di due figlie. “AfteRite” è tristemente attuale: d’altronde Wayne McGregor ci catapulta dove la danza è oggi. Mi dispiace solo non avere trent’anni per averne altrettanti, davanti, da danzare nelle sue coreografie».
A 59 anni, Alessandra Ferri si calerà, da venerdì, negli scomodi panni della lacerata protagonista della versione coreografica della «Sagra della Primavera» di Stravinskij che il pluripremiato McGregor ha creato per l’American Ballet Theatre — e la stessa Ferri — nel 2018 e che ora ha rimontato, per la prima volta, per 13 danzatori del Balletto della Scala. A trent’anni esatti dal primo contratto con la Scala e a tre dal successo di «Woolf Works» dello stesso McGregor, Ferri torna al Piermarini proiettata in uno scenario desertico e alieno da Apocalisse imminente, dove il futuro è preservato in una camera idroponica nella quale crescono piante e bambini. «Le immagini proiettate — spiega McGregor — ci riportano al deserto dell’Atacama, in Cile, un luogo senz’acqua molto simile a quello che il nostro pianeta rischia di diventare. In questo punto della Terra dove le stelle appaiono molto vicine all’uomo, le madri degli oppositori del dittatore Pinochet setacciarono la sabbia per cercare i resti dei loro cari». La tragedia di una natura tradita dall’uomo affiora nella drammaturgia di Uzma Hameed, originariamente ispirata al profetico libro del 1962 «Silent Spring» di Rachel Carson sull’impatto dei pesticidi.
La seconda parte della serata prevede la prima mondiale di «Lore», sulla partitura di «Les Noces» di Stravinskij, concepita da McGregor come la continuazione ideale di «AfteRite». Racconta il coreografo: «Ho immaginato che nei dieci anni di intervallo che separano la composizione delle partiture della “Sagra” e di “Les Noces”, la bambina scampata al sacrificio in “AfteRite” sia cresciuta e torni ormai ragazza all’inizio di “Lore”, vocabolo che in inglese significa “tradizione condivisa” e che suona come “legge”: mi piace pensare a un codice di regole che disciplina la comunità. Mentre “AfteRite” si sviluppa secondo un racconto lineare, “Lore” ha una narrazione a frammenti: come rompere un bicchiere e ricomporne le schegge in un mosaico. Allo stesso modo la coreografia è mossa da gesti frantumati che spezzano l’impostazione classica con torsioni e prese da cui fluisce l’adrenalina». Creato per un organico di sei donne, sei uomini e sei artisti principali (Timofej Andrijashenko, Claudio Coviello, Agnese Di Clemente, Domenico Di Cristo, Nicoletta Manni, Alice Mariani), «Lore» coinvolge il Coro della Scala diretto da Alberto Malazzi, il soprano Karine Babajanyan, il mezzosoprano Olga Savova, il tenore Vasily Efimov, il basso Alexei Botnarciuc e, ai quattro pianoforti, Davide Cabassi, Giorgio Martano, Andrea Rebaudengo, Marcelo Spaccarotella. Sul podio dell’Orchestra della Scala, il belga Koen Kessels.