The tree of life Chicago vuole il suo albero
Non è stato firmato ancora alcun contratto, ma l’interesse di Chicago per l’«Albero della Vita» è alle stelle. Nei giorni scorsi Franceschetti e Turati, del consorzio Orgoglio Brescia, sono volati negli Stati Uniti per prendere accordi. La chiamata è di qualche mese fa, l’incontro pare sia stato positivo: sul lago Michigan vogliono un’icona con la tecnologia del simbolo di Expo. Altre richieste arrivano da Pompei e dalla Svizzera.
E alla fine, see you soon: arrivederci a presto. La mission non è tanto impossible: una copia rivista e corretta dell’Albero della Vita sul lago Michigan. Il sogno americano del consorzio Orgoglio Brescia è partito da Chicago: l’altro giorno, il presidente Paolo Franceschetti e Giancarlo Turati hanno viaggiato in business class verso gli Usa per motivi di affari. Avevano fissato in agenda incontri con sindaco e autorità governative varie, interessate ad approfondire la tecnologia dell’icona di Expo.
Firme sui contratti o lettere di intenti: zero, al momento non ce ne sono. «Niente, ma abbiamo avviato delle relazioni» fa sapere Franceschetti. Turati commenta in 140 caratteri sotto una foto del Millenium Park, su Twitter: «Prospettive per Orgoglio Brescia? We hope, we believe (tradotto: noi speriamo, ci crediamo, ndr)». Gli americani avevano fatto una chiamata internazionale, prefisso bresciano, mesi fa: avevano chiesto al consorzio una consulenza per una struttura scenografica da piantare sul lago Michigan, dove c’è stata la finale della Coppa America. E tre società del posto hanno insistito perché trovasse un ufficio di rappresentanza in città: i bresciani hanno seguito il consiglio alla lettera, e ne hanno aperto uno con la bandiera italiana accanto alle finestre.
In America, contratti permettendo, non arriverà un Albero della Vita, forse nemmeno un albero, ma un progetto ad alta tecnologia che molto ci somiglia. Dopo qualche riunione e altrettante strette di mano con uomini del Governo e del comune di Chicago, i rapporti Usa-Brescia sono finiti con la promessa di un aggiornamento: ora spetta ai committenti decidere se affidare o meno il progetto alle imprese che hanno costruito in tempi record (e pagato con i propri conti corrente) il simbolo dell’Esposizione Universale. Pare abbiano dato carta bianca ai propri ospiti su bozze e proposte: in ogni caso, per ordini e preventivi ci vorrà parecchio tempo, e Franceschetti, uomo di sostanza, preferisce non scucire nemmeno una virgola prima di aver chiuso l’affare.
In ballo, per i leones (il nome da combattimento degli imprenditori del consorzio) c’è anche un contratto a Pompei: una struttura da costruire all’ingresso del sito archeologico. Altre trattative sono in corso in Svizzera, per una commessa che resta ancora top secret, mentre le fontane del centro commerciale di Arese sono già state fatte, consegnate al cliente e saldate. Un’altra copia dell’Albero della Vita era stata prenotata in Cina ma Ningbo, la città con cui Franceschetti, Turati e soci (di Orgoglio Brescia fanno parte 18 imprese, 19 con Aib) stavano discutendo di preventivi e progetti, ha cambiato sindaco: tutto congelato a data da destinarsi.
I conti, comunque, tornano: ricavi, utili e rimborsi spese del consorzio sono stati approvati a maggio. L’anno scorso, ha fatturato 3 milioni e 333 mila euro (l’utile: 16 mila e 80 centesimi). Per pagare l’Albero, è stato aperto un mutuo con Bnl: ogni società, che è stata rimborsata delle spese con 240 mila euro (l’Albero è costato 3 milioni) dovrà versare 174 mila euro in sette anni (hanno già iniziato a saldare il conto). Nella voce delle entrare, anche la commessa per le fontane del centro commerciale di Arese. L’Albero della Vita, quest’estate è rifiorito a Expo: il consorzio ha firmato un accordo con la Balich Worldwide shows per la direzione dei cantieri e la logistica che hanno fatto riaccendere lo show nella lake Arena. Altri introiti sul conto corrente arriveranno dai diritti d’immagine: sono di proprietà bresciana per dieci anni, e intendono sfruttarli al massimo.
In corso trattative anche per Pompei e in Svizzera, saltato l’affare con la Cina