Violenza a Chiari il sindaco attacca: «Noi siamo soli»
I tre indagati si difendono: «Era consenziente»
I tre richiedenti asilo, accusati di aver violentato una ragazza di 22 anni, lunedì sera nel parco delle Rogge di Chiari, restano in cella. E si difendono rivelando che la ragazza era consenziente e aveva accettato 15 euro per la prestazione sessuale. Nel frattempo il paese è sotto choc e i cittadini chiedono più sicurezza, rimpiangendo quando gli immigrati venivano dall’Est e si sistemavano a Chiari per lavorare. Anche il sindaco si sente con le mani legate: noi non decidiamo nulla, decide tutto la prefettura.
Prima hanno contrattato la tariffa per la prestazione — partita da 5 è arrivata a 15 euro – e poi si sono appartati dietro un cespuglio. Nessuna violenza. Solo un rapporto consenziente. Questa è la versione dei fatti fornita dai tre richiedenti asilo pakistani, finiti in carcere con l’accusa di aver abusato di una 22enne lunedì sera nel parco delle Rogge a Chiari. Nell’interrogatorio per la convalida dell’arresto è poi emerso che solo due degli stranieri, tutti tra i 23 e i 26 anni, avrebbero avuto un rapporto con la ragazza. Il terzo non avrebbe avuto il tempo perché messo in fuga dai due amici che gli avrebbero urlato «arrivano, scappiamo», senza chiarire chi stesse arrivando. Intanto il gip, Paolo Mainardi, non ha convalidato il fermo dei tre, non ravvisando il pericolo di fuga, ma ha disposto la custodia cautelare in carcere. Le indagini, coordinate dal sostituto procuratore Ambrogio Cassiani e condotte dai carabinieri di Chiari, proseguono anche per trovare riscontri al racconto della 22enne, trascinata nel parco, durante la consueta passeggiata serale con il suo cagnolino - legato ad un albero - e poi violentata.
I tre richiedenti asilo erano ospitati da circa un anno in tre appartamenti di privati, tra Chiari, Rovato e Castrezzato, gestiti dalla Cooperativa il Ponte di Coccaglio. «Sono fatti che non ti aspetti. Ho assunto l’incarico da tre mesi e non posso dire di conoscere i ragazzi a fondo», ha detto il responsabile della cooperativa, Umberto Gobbi. A Chiari, invece, per strada, i commenti si susseguono con una sensazione di insicurezza. «C’ è da avere paura», dice la signora Anna. «Al parco con i bambini non vado più volentieri. C’è gente che bivacca, la mattina c’è una distesa di rifiuti e bottiglie» si lamenta Laura. «E pensare che lunedì sera eravamo al parco a far correre il cane fino a poco prima che succedesse tutto — le fa eco il marito, Francesco. Ma a Chiari succede questo e altro. Ci sono troppi stranieri in giro senza nulla da fare». Chiari e i paesi limitrofi con l’immigrazione avevano imparato a convivere fin dalla metà degli anni ’80, con il boom dell’edilizia che aveva richiamato manovalanza da Albania e Romania. «Era gente che era qui per farsi una vita onesta», continua Francesco. Ora la cittadina dell’Ovest bresciano vive un altro tipo di immigrazione. E il sindaco di Chiari, Massimo Vizzardi (Pd), mette subito i puntini sulle i. «Il parco va messo in sicurezza e sono già pronti i bandi per i lavori per l’illuminazione, come già avevamo fatto per il parco Elettra». Ma la questione è soprattutto politica. «I sindaci subiscono azioni e conseguenze nella gestione degli stranieri». Si occupano di tutto Prefettura e cooperative. «I comuni non hanno voce in capitolo. Quello che è accaduto lunedì è solo l’ultimo degli episodi in ordine di tempo che hanno scosso l’Ovest bresciano. Con l’appoggio del consiglio comunale — convocato ieri sera in via straordinaria — vorrei costituire una sorta di consorzio con i comuni limitrofi per gestire la sicurezza, ma anche i progetti di integrazione degli immigrati, soprattutto perché, secondo i piani della Prefettura, solo a Chiari, dove ci sono già 23 richiedenti asilo, dovrebbe arrivarne un’altra trentina. Proprio in questi giorni stavamo perfezionando un piano per l’impiego nei lavori socialmente utili. Dovevamo risolvere alcuni problemi assicurativi. Ora aspettiamo sviluppi e rimaniamo vicini alla ragazza e alla sua famiglia».
Vizzardi Sulla gestione dei profughi non abbiamo voce Serve un consorzio con i comuni limitrofi per gestire la sicurezza