UN FUTURO SOSTENIBILE
Sarà pure una bufala dei cinesi, come sostiene Trump, l’inquinamento del mondo. Ma non è invece una bubbola, una bugia lo stato un poco malandato dell’ambiente bresciano, della città e della provincia. In città lo stato di malessere generale è noto e condiviso e in questi giorni, salvo il beneficio delle piogge, l’aria rigonfia di polveri sottili in misura doppia rispetto alla norma, racconta di un pericolo che non va mai dimenticato, di una missione che riguarda tutti, istituzioni, economia, mobilità. Quanto alla provincia l’ultimissima primizia arriva dalle rivelazioni di un collaboratore di giustizia. Avverte che la bassa è zeppa di rifiuti pericolosi, frutto di un lungo rapporto sottobanco fra il territorio e la malavita organizzata. È un avvertimento da verificare, ma certo inquieta e non poco, come l’ultimo anello di una infinita catena di ferite inflitte al nostro territorio. È di pochi giorni addietro l’ allarme diffuso dall’associazione «pianura sostenibile», cui aderiscono ventidue comuni bassaioli, che ha presentato in più riprese lo stato di salute dell’aria e delle acque di quell’area. Nitrati, metalli, pesticidi scendendo nelle falde hanno trasformato l’agricoltura della bassa in uno strumento inquinante. Rogge e canali che sono da sempre lo straordinario sistema arterioso della pianura, un reticolato di acqua corrente che ha segnato nei secoli confini e orizzonti, percorsi rigogliosi e stagioni colorate, presentano forti criticità. I corsi dell’Oglio, del Chiese, del Mella che corrono nei profili orografici della bassa, sono al livello di guardia. Il punto dolente, dicono gli esperti, sono i nitrati da concimazione intensiva e lo spargimento dei rifiuti zootecnici. Entrambe pratiche di gestione che da almeno vent’anni sono state individuate come fonti sospette di degrado e obiettivi di intervento. Scarichi e depuratori, in misura consistente, non sono compatibili con le direttive europee. «Bisogna rivedere il nostro modello di sviluppo» ha commentato Maurizio Tira nuovo rettore dell’università di Brescia. E cioè tutto dipende da cosa vogliamo coltivare e allevare. È la tipologia dell’agricoltura stressata che ha modificato il terreno e tutto ciò che vi sta sotto. Siamo oltre il livello di guardia. Senza parlare dei corsi d’acqua delle Valli Trompia e Camonica. Non basta più riaggiornare la mappa del problema. Serve,con ogni urgenza, un piano collettivo,una strategia comune, dalle istituzioni ai privati,prima che si tocchi la soglia del non ritorno.