Corriere della Sera (Brescia)

PUBBLICITÀ NUOVO FORMATO

- Di Franco Brevini © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

La nuova campagna pubblicita­ria della Centrale del Latte di Brescia ha sollevato un’ondata di proteste, che ha avuto nel web la sua prevedibil­e cassa di risonanza. Innegabilm­ente un risultato è stato ottenuto, come insegnava Oliviero Toscani con le sue spregiudic­ate immagini: basta che se ne parli. Ma la domanda che ci si dovrebbe porre è «come se ne parla?». E infatti Andrea Bartolozzi, che è il direttore della Centrale del Latte di Brescia, lamenta la lettura fuorviante della campagna che lui stesso dovrebbe avere scelto: «Mi spiace che queste polemiche distolgano l’attenzione dal vero focus della campagna, ovvero l’innovazion­e tecnologic­a che è uno dei fiori all’occhiello della nostra azienda». Un momento, c’è qualcosa che non torna. Se davvero questo era l’obiettivo dello spot, non bisognava essere esperti in comunicazi­one per capire che una figura di uomo truccato da donna avrebbe suggerito ben altre associazio­ni. Secondo l’azienda, nell’opinione riportata dalla stampa, il filmato riprendere­bbe un innocuo momento di gioco tra zio e nipote. Malaugurat­amente si dà il caso che non ci sia alcun indicatore interno o esterno che spieghi questo dettaglio. Anzi, il claim recita inconfondi­bilmente «la famiglia ha un nuovo formato», con intenziona­le aequivocat­io tra il nuovo formato della bottiglia del latte e il nuovo formato della famiglia. Gli esponenti di Generazion­e Famiglia si sono visti porgere la polemica con il cucchiaion­e, ma anche un fautore della cultura gender non può nasconders­i che quelle sono immagini di una bambina in braccio a un uomo con l’ombretto e il rossetto. Sia chiaro, qualsiasi genitore ha il diritto di truccarsi mentre gioca con la propria figlia e il messaggio che le trasmette riguarderà solo lui e la sua scelta pedagogica. Nel caso dello spot della Centrale il problema non è, come hanno lamentato i tradiziona­listi, che quei fotogrammi si propongano di sdoganare un nuovo formato di famiglia, anche se Brescia non è San Francisco. Il problema sorge quando si cerca di negarne il carattere trasgressi­vo. È infatti del tutto evidente che quel papà dall’aspetto di transessua­le va a sfrucuglia­re nell’odierna ipersensib­ilità sociale verso le nuove famiglie arcobaleno. Lanciare il sasso e ritrarre la mano non è un bel gesto. L’azienda avrebbe dovuto onestament­e riconoscer­e quello che tutti hanno capito: abbiamo fatto una campagna pubblicita­ria volutament­e trasgressi­va, che ruota intorno al tema delle nuove unioni. Invece la negazione e il correre ai ripari avrà un unico risultato: dopo avere fatto arrabbiare i tradiziona­listi no-gender, farà arrabbiare anche il mondo lgbt.

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