PUBBLICITÀ NUOVO FORMATO
La nuova campagna pubblicitaria della Centrale del Latte di Brescia ha sollevato un’ondata di proteste, che ha avuto nel web la sua prevedibile cassa di risonanza. Innegabilmente un risultato è stato ottenuto, come insegnava Oliviero Toscani con le sue spregiudicate immagini: basta che se ne parli. Ma la domanda che ci si dovrebbe porre è «come se ne parla?». E infatti Andrea Bartolozzi, che è il direttore della Centrale del Latte di Brescia, lamenta la lettura fuorviante della campagna che lui stesso dovrebbe avere scelto: «Mi spiace che queste polemiche distolgano l’attenzione dal vero focus della campagna, ovvero l’innovazione tecnologica che è uno dei fiori all’occhiello della nostra azienda». Un momento, c’è qualcosa che non torna. Se davvero questo era l’obiettivo dello spot, non bisognava essere esperti in comunicazione per capire che una figura di uomo truccato da donna avrebbe suggerito ben altre associazioni. Secondo l’azienda, nell’opinione riportata dalla stampa, il filmato riprenderebbe un innocuo momento di gioco tra zio e nipote. Malauguratamente si dà il caso che non ci sia alcun indicatore interno o esterno che spieghi questo dettaglio. Anzi, il claim recita inconfondibilmente «la famiglia ha un nuovo formato», con intenzionale aequivocatio tra il nuovo formato della bottiglia del latte e il nuovo formato della famiglia. Gli esponenti di Generazione Famiglia si sono visti porgere la polemica con il cucchiaione, ma anche un fautore della cultura gender non può nascondersi che quelle sono immagini di una bambina in braccio a un uomo con l’ombretto e il rossetto. Sia chiaro, qualsiasi genitore ha il diritto di truccarsi mentre gioca con la propria figlia e il messaggio che le trasmette riguarderà solo lui e la sua scelta pedagogica. Nel caso dello spot della Centrale il problema non è, come hanno lamentato i tradizionalisti, che quei fotogrammi si propongano di sdoganare un nuovo formato di famiglia, anche se Brescia non è San Francisco. Il problema sorge quando si cerca di negarne il carattere trasgressivo. È infatti del tutto evidente che quel papà dall’aspetto di transessuale va a sfrucugliare nell’odierna ipersensibilità sociale verso le nuove famiglie arcobaleno. Lanciare il sasso e ritrarre la mano non è un bel gesto. L’azienda avrebbe dovuto onestamente riconoscere quello che tutti hanno capito: abbiamo fatto una campagna pubblicitaria volutamente trasgressiva, che ruota intorno al tema delle nuove unioni. Invece la negazione e il correre ai ripari avrà un unico risultato: dopo avere fatto arrabbiare i tradizionalisti no-gender, farà arrabbiare anche il mondo lgbt.