Il vescovo racconta «il volto dell’altro» oltre l’edonismo
Riuscire a riconoscere «Il volto dell’altro», in una società frammentata dove prevalgono egocentrismo e narcisismo. È l’auspicio, l’ispirazione che il Vescovo ha regalato ai bresciani, durante la sentita lectio magistralis tenuta ieri in Vanvitelliano. Monsignor Luciano Monari – introdotto dal sindaco Del Bono – ha ricordato come dalla notte dei tempi l’uomo abbia cercato la propria umanità, «indagine appassionante andata oltre l’animale sociale», le definizioni temporanee. «L’uomo è un complesso non riassumibile in un concetto solo. L’uomo di Neanderthal, l’eroe dell’Iliade, l’amante appassionato del Romanticismo, l’informatico connesso di oggi: tutti sono esseri umani, ma chi può pensare che il loro modo di realizzare l’umanità sia lo stesso?». Guardando all’uomo contemporaneo, «è prepotente il suo bisogno di affermarsi». Se i desiderata però non trovano ricadute nella realtà, «è messo davanti a se stesso, al fatto che il mondo non è a sua misura». E cerca vie d’uscita, spesso nel divertimento. «La nostra miseria più grande». Quando l’edonismo fine a se stesso riempie vite vuote, l’uomo può «maturare verso forme di umanità più corrette: la relazione terapeutica con la natura, come accade al Leopardi di “Alla Luna”; con un altro essere umano, nell’amicizia e nell’amore; con Dio». Ma solo se ci mette «ardua onestà, perché azioni e parole contribuiscono a costruire o distruggere il proprio io». Le tre forme del volto dell’altro sono il gancio che riporta a un reale vivo e vero, via dagli idoli. «Perché i desideri non vanno ridotti a cose materiali, al denaro, alla carriera. Altrimenti la religiosità è apparenza – ha concluso il Vescovo –. Cosa vale il poveraccio per la società “altolocata”? Vale la relazione con Dio, sorgente infinita di recupero di umanità e possibilità». Una sfida personale, di tutti, e quindi – come sottolineato da Del Bono – comunitaria.