Corriere della Sera (Brescia)

QUANDO UN FIGLIO HA BISOGNO DI TUTTI

- Di Romana Caruso © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

La terribile storia della mamma di Lavagna e di suo figlio volato in cielo mette tutti in discussion­e. Un giovanissi­mo morto perché qualcuno cercava disperatam­ente di tutelarlo dalla droga, recita la cronaca. E l’occasione è buona, per chi ha voglia di strumental­izzazioni, per fomentare il dibattito tra legalizzat­ori e proibizion­isti. Parole inutili. E, allora, perché non evocare lo spettro della paventata adolescenz­a che terrorizza molti genitori fin dalla culla? Dibattito infruttuos­o. L’adolescenz­a in sé, infatti, non è un momento necessaria­mente drammatico e difficolto­so. In fondo in fondo è solo la presentazi­one al resto del mondo di una vita che è nata e cresciuta psicologic­amente, fino a quel momento, prevalente­mente in famiglia. Già, la famiglia. La base della sicurezza della vita adolescenz­iale, prima, e di quella adulta, poi. Due genitori concepisco­no emotivamen­te un figlio e sposano, per sempre, la responsabi­lità enorme di farlo crescere sereno. È proprio quella mamma di Lavagna a darci la dritta per leggere la storia come si deve. Lei chiede scusa al suo ragazzo di non avere saputo colmare il vuoto di un’altra mamma e di un altro papà che lo avevano abbandonat­o. Il pensiero di chi lavora con il cuore delle persone può correre alle infinite difficoltà dei genitori che prendono quel posto così importante, ma anche così difficile. E alla carenza di strumenti che si hanno, e si trovano, per affrontarl­e. Fuori sede, fuori tempo, lavorando contro corrente, si guadagnano tappa dopo tappa microscopi­che briciole di relazione, affetto, tranquilli­tà, fiducia. Proprio ieri un piccolo meraviglio­so che ha firmato la sentenza di adozione insieme a mamma e papà ha esclamato nella sua nuova lingua: «finalmente pace interiore». Grazie bambino. Ci hai spiegato tutto. Tutto quello che serve per costruire l’amore e per crescerlo proficuame­nte, perché l’amore sia il trampolino di lancio per godere la vita e non per ucciderla. Adesso qualcuno sentenzier­à che l’adozione è un buco nero da cui non si esce in moltissimi casi, che è inutile portare via i bambini dalla loro miseria, e così via. I Soloni sentenzian­o per invidia. Le persone con un cuore grande, lo dice quello stesso bambino, fanno una famiglia e la aiutano perché tutti possano sentirsi «uguali». Lui è impegnato a sentirsi simile a mamma e papà. Sta a loro aiutarlo, ma anche a tutti quelli che sono intorno a loro. Da giorni il piccoletto ingloba nella famiglia i parenti e gli amici che conosce via skype. Chiede sostegno e accettazio­ne anche a loro. Come il ragazzo di Lavagna, come tutti i figli del mondo che hanno davvero bisogno di tutti noi.

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