La contemplazione della lettura
Le foto di Antonio Candela in mostra alla biblioteca di Concesio ritraggono gesti e riti dei lettori in Paesi orientali
Sosteneva Virginia Woolf che il paradiso è leggere, senza fine. Forse la felicità è un sentimento sopravvalutato, ma è indubbio che i lettori ritratti da Antonio «Ninì» Candela emanano serenità celestiale e serafica concentrazione: appaiono sospesi nel tempo immobile di Chagall. «Io leggo tu leggi» è il titolo della sua mostra fotografica ospitata dalla Biblioteca di Concesio (via Mattei, 99).
La lettura è un tema che ha attratto grandi maestri, André Kertész e Steve McCurry soprattutto, quest’ultimo peraltro esposto proprio a Brescia in questi giorni.
Candela, lucano di Ferrandina e residente a Brescia dove per anni ha esercitato la professione di medico, si mette in scia a questa visione umanistica e racconta i suoi numerosi viaggi in Oriente (Iran, Turchia, Yemen, Cina, Birmania…) in cui ha usato l’obbiettivo come mirino, fedele al suo assunto.
È il diverso senso del tempo che emerge dai suoi scatti. La lettrice che legge sugli scogli davanti al mare della Liguria si è ritagliata un momento di evasione nella routine occidentale, mentre i numerosi lettori orientali vivono l’attimo come eternità. Per loro la lettura non è uno stacco, ma uno stato di contemplazione, di beatitudine della mente.
In una delle più grandi librerie di Shanghai, la City of books, persone di ogni età — sdraiate, sedute o in piedi — sono intente a leggere, talmente assorte in quella condizione di straniamento vitale, di umana rigenerazione, che sembrano invincibili da ogni possibile distrazione.
Forse sono anche lettori furtivi e seriali, che ritornano per riprendere il filo nelle pagine interrotte.
Lo sguardo di Candela strappa, sempre con rispetto, frammenti di realtà e intimità, tuttavia non rinuncia alle geometrie, al gioco cromatico e segnico, ma soprattutto coglie le posture fisiche, la necessità della lettura come nutrimento e spazio magico.
Si legge ovunque e qualsiasi cosa, anche sui tavoli di una macelleria, e sono soprattutto le donne a dare il buon esempio con la loro dolce fermezza. Intabarrate sotto il niqab o a volto scoperto.
Sono loro che sanno piangere davanti alla tomba del poeta persiano Hafez.
Roland Barthes ne «La camera chiara» ha scritto che quella di Kertész era una «photographie pensive», un fotografia che dà da pensare. Lo stesso vale per Candela. I suoi scatti tra moschee e mausolei, tra librerie e spazi quotidiani ci suggeriscono una somma verità: si legge in solitudine, ma chi legge si relaziona agli altri, perché la lettura è dialogo.
La mostra è visitabile fino a giovedì 1 giugno.