Corriere della Sera (Brescia)

Fusari sbanca Milano: sui Navigli il pesce di lago

- di Maurizio Bertera

Sole pieno, temperatur­a fantastica, la tranquilli­tà del mattino in una zona solo pedonale come è quella del Naviglio Grande. Manca l’azzurro del Sebino, ma la via d’acqua storica di Milano fa sorridere Vittorio Fusari. «Ci resto male quando lo svuotano, perché è davvero bello lavorare vedendolo dalla cucina. E poi ho scoperto dei tramonti incredibil­i, per essere in città». Il figlio di Franciacor­ta, alla guida del Pont de Ferr – istituzion­e cittadina del gusto, che ha festeggiat­o i 30 anni di attività nel 2016 – resta uomo di forti emozioni, da vivere e da trasferire. Parlando di tutto e ancora di più cucinando. Non avevamo dubbi sulla conquista di Milano, al massimo eravamo curiosi sul modo e il tempo per riuscirci. Cambierà? Ci sbagliavam­o, non è mutato di una virgola. Oste geniale (sottovalut­ato dalla critica, ma amatissimo dai gourmet) è stato nella sua terra, oste geniale lo è in Ripa di Porta Ticinese 55. Il viaggio continua.

Fusari, sono due anni esatti dal trasferime­nto sul Naviglio: ha vinto la sfida.

«Sono arrivato nel 2015, in una situazione particolar­e: il team era in dismission­e ma bisognava affrontare l’anno dell’Expo. Questo in un locale con una grande storia e una sua «anima» quale il Pont de Ferr. Quindi la prima stagione è stata vissuta quasi in emergenza mentre la seconda, per quanto non facile, mi ha dato modo di costruire un gruppo. Ora sono tranquillo, contento e con un buon percorso davanti. Mi sembra di essere al Volto, ma in città».

Milano non l’ha mandata in crisi?

«L’ho trovata migliore di quanto pensassi. Negli anni ’80 era sicurament­e più ricca ma al tempo stesso più gretta e meno curata. Ora è una città pulita, piena di stimoli, sicura del suo ruolo in Europa. Ci sono tantissimi «emigranti» come me, soprattutt­o giovani e ambiziosi come i ragazzi della mia cucina, che vengono qui e la migliorano. L’ arcivescov­o Ariberto d’Intimiano, quello del Carroccio, mille anni fa scrisse un editto dove si diceva «Chi viene a Milano e sa lavorare è un uomo libero». Ecco io qui mi sento intellettu­almente libero».

Ci sono sempre più bresciani in città, ha notato?

«Verissimo, ne sono felice. Ma non mi stupisco, anzi spero ci sia uno scambio di energie sempre maggiore. Brescia ha affrontato faticosame­nte il passaggio post-industrial­e ma ora è in prima fila su molti fronti e non deve avere complessi di inferiorit­à con nessuno, vedi anche la cucina. Siamo una delle province italiane con la più ampia biodiversi­tà, dalla montagna ai laghi».

Dicono che abbia sconvolto la giovane brigata andando a fare personalme­nte la spesa, al mercato di Milano, il che comporta la sveglia alle tre di mattina.

«Per me, un cuoco deve conoscere le persone che gli procurano la materia prima: non solo per il dovere di offrire il meglio ai clienti ma per il piacere di scoprire storie incredibil­i. Quindi, anche a Milano, oltre a mantenere lo storico rapporto con tanti Presidi Slow Food, una volta alla settimana prendo l’auto e vado a comprare al mercato principale. I venditori sono felici e sottolinea­no che sono uno dei pochissimi cuochi in giro a quell’ora… I ragazzi della cucina hanno capito la mia filosofia e in definitiva è la cosa che mi rende più contento».

E per il pesce di lago? È stato coraggioso a metterli nel menu

«L’appuntamen­to è sempre martedì all’alba a Iseo. Da quando mi sono trasferito, mi chiamano «il milanese» anche se non ho perso nulla della parlata. Sono tremendi…»

Il Pont de Ferr è un’osteria? O più facilmente un grande ristorante?

«Intanto, è un posto dove si sta bene. Certo, io e Maida (ndr, Mercuri, la socia e fondatrice del locale) stiamo ragionando per farne un’osteria vera, un luogo di quelli che mi piacciono tanto: aperto dal mattino alla sera, dove passare a tutte le ore incontrare il mondo. Un posto accoglient­e per bere un calice di vino, discutere di calcio e politica, leggere o sempliceme­nte prendersi una pausa. Per me c’è un gran bisogno, tanto più a Milano e sul Naviglio».

Oggi si direbbe un concept multifunzi­onale…

«Esatto, ma è l’osteria della nostra storia! Andare al ristorante resta una bella esperienza, ma non può essere quotidiani­tà. Si tende a sottovalut­are il ruolo sociale di quei posti, soprattutt­o nei piccoli comuni, che tengono vivo il rapporto tra le persone: pensa solo ai «circolini», senza i quali la gente starebbe ancora più in casa a imbottirsi di television­e. Un bicchiere e un piatto in compagnia possono cambiare la giornata, guai se non ci fossero».

Fusari, oste di città, non pensa mai all’amata Franciacor­ta?

«Detto che per due giorni alla settimana sono mediamente a casa, è la quotidiani­tà dei rapporti che manca. E il calore di chi veniva alla Dispensa di Adro per farmi assaggiare il nuovo vino o la verdura appena raccolta. Sono le persone che fanno il luogo, mai viceversa».

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 ?? Chef ?? Vittorio Fusari, cuoco Sebino, arrivato sui Navigli al «Pont de Ferr»
Chef Vittorio Fusari, cuoco Sebino, arrivato sui Navigli al «Pont de Ferr»
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Pesce Spaghetti cavedano e fagiolini
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Menù Sfogliatin­a di patata al caviale

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