Modernissima Ildegarda
La bresciana Costanza Cavalli indaga le vicende biografiche e il profilo esistenziale della mistica vissuta nel XII secolo nel suo «Fuoco verde» pubblicato da San Paolo
Ildegarda di Bingen, mistica, musicista, filosofa e donna di potere, erborista famosa in tutta Europa, aristocratica confidente di Bernardo di Chiaravalle e consigliera di Federico Barbarossa. Una donna dalla personalità straordinaria e misteriosa. Ma quello che più colpisce avvicinandosi alle sue opere è la grande modernità del suo pensiero.
La bresciana Costanza Cavalli nel suo romanzo dedicato alla mistica medievale («Fuoco verde. Ildegarda di Bingen donna del mistero», San Paolo, Milano 2016, pp. 176) va direttamente all’essenza della personalità di Ildegarda e del suo mondo, dei suoi pensieri, dei sentimenti, delle scelte, dell’amore e degli eventi, cercando attraverso l’espressione breve, chiara e musicale di evitare accuratamente la ricostruzione edificante e la forma troppo manifestamente letteraria.
Il tema, nei romanzi storicobiografici, spesso prevale sulla ricerca formale e l’argomento ha sempre maggior peso rispetto allo stile. Spesso, ma non nel caso di questo libro.
Nel classico rapporto tra forma e contenuto il romanzo di Costanza Cavalli risulta abbastanza tradizionale, senza sbilanciamenti in un verso o nell’altro.
E tuttavia tale rapporto appare, in non poche pagine, del tutto particolare perché trova il suo proprio ritmo in un continuo ricorso all’interrogazione e alla contrapposizione tra storia e scrittura, tra ritmo e racconto. Molte descrizioni del romanzo appaiono, in qualche modo, come una sorta di affresco corale dove la voce narrante della sorella di Ildegarda, Clementia, introduce una colloquialità intima e soggettiva che però non trascura di aprire ad una dimensione più impersonale e storica.
La scrittura di Costanza Cavalli è quella di una donna di oggi che osserva e mette in forma un sentire femminile più ampio, che affonda le radici nel passato (non solo letterario, ma anche psicologico) filtrandolo però attraverso una visione personale disincantata e ingenua allo stesso tempo. Con una sensibilità distaccata e tuttavia partecipe, propria di chi ascolta e riflette allo stesso tempo (perché vuol sentire e capire) ci racconta, con una leggerezza narrativa davvero straordinaria, di un mondo medievale e di una personalità lontani nel tempo e nella sensibilità, ma non così tanto da non consentirci più la possibilità (la speranza?) di poterli ancora comprendere.
Il libro propone un racconto che dipende anche dal lettore caricare di senso: può essere breve come un elenco di titoli e date o può essere infinito come infiniti sono i mondi che quei titoli e quelle date possono evocare.
Se non un’intera vita è comunque una sensibilità che sa riassumerla quella che si trova racchiusa nel romanzo di Costanza Cavalli, esaustiva, e sentita tale dalla lettura attenta di ogni singola pagina dedicata alla figura di Ildegarda di Bingen. Il farsi del tempo è sentito e messo in forma romanzata in un unico percorso, ad esaltarne lo sviluppo e l’andamento. Ne ricaviamo un senso di compiutezza formale che traspare anche al di là dei ben dosati cambi di registro narrativo, una compiutezza che si realizza soprattutto sul versante di un lavoro linguistico continuo, attento, persistente.
Lo sguardo di Costanza Cavalli, mediato da Clementia e rivolto agli eventi quotidiani, alle tonalità semplici della vita di Ildegarda, in qualche caso si fa critico e non privo di ironia, mentre la scrittura lo mantiene sempre limpido, chiaro e musicale. Mettendo in contrapposizione la figura storica di Ildegarda e la sua dimensione esistenziale, la straordinaria visionarietà e il carattere difficile e ostinato, e facendo ricorso ad una narrazione che non rinuncia ad alimentare nel lettore una costante tensione interpretativa, il romanzo di Costanza Cavalli cresce pagina dopo pagina fino a richiedere, in certi passi, una lettura lenta e rallentata. Un rallentare non dovuto ad un’asperità di forma o di senso, come quando si cammina su un terreno accidentato, ma, al contrario, ad un’attenta, lucida e precisa elaborazione compositiva, come quando ci si muove su un terreno piano e perfettamente levigato.
Voce narrante La figura della santa è raccontata dalla sorella Clementia non senza critiche e spunti ironici