Le priorità del vescovo Tremolada: «Giovani, clero e persone deboli»
«Ho toccato con mano una fede popolare: per me è un tesoro»
Il nuovo vescovo di Brescia si è presentato ieri a Milano incontrando la stampa bresciana e dettando le sue priorità per i prossimi mesi (l’ingresso in diocesi dovrebbe avvenire nella prima settimana di ottobre). Linee guida che parlano di attenzione per i giovani, per le persone più deboli e per il proprio clero che, deve saper essere una cosa unica con il proprio vescovo. La Chiesa di monsignor Pierantonio Tremolada deve essere accogliente nei confronti delle persone, deve aiutarle a dare risposte giuste alle difficoltà di una vita che porta con sé insicurezza, solitudine e indifferenza. Nella sua conversazione al secondo piano del palazzo vescovile a Milano parla anche delle sfide delle multiculturalità e della necessità di affrontare il tema con la serietà che merita anche se il cristiano deve essere aperto agli altri perché la stessa Genesi parla di una umanità di diversi colori. Monsignor Tremolada racconta delle sue figure di riferimento e di quanto sia importante per un pastore l’incontro con i volti della gente.
Cita più volte il cardinal Martini e poi monsignor Tonino Bello e monsignor Luciano Monari: ed è già un modo di collocarsi, o di schierarsi, nel panorama della Chiesa italiana.
È «pop» al punto giusto quando, a freddo, sfodera la battuta: «Sono milanista ma da oggi il Brescia ha un tifoso in più. Se andremo in serie A suoneremo le campane delle chiese».
Sa bene la condizione dell’uomo d’oggi quando addita i nemici da combattere: «Insicurezza, solitudine, indifferenza».
Non è un irenista in materia di dialogo interreligioso, ma è biblista fino in fondo quando evoca l’immagine (Genesi X) della «tavola dei popoli» e parla di «convivialità delle culture».
Vuole conoscere Brescia da vicino e intraprenderà una visita pastorale, come prescriveva il vecchio Concilio di Trento.
Forse stupirà i bresciani, di sicuro ha cominciato a farsi conoscere e un poco a rivelarsi monsignor Pierantonio Tremolada, 122esimo vescovo della diocesi di Brescia, che spera assistere da vescovo — assai presto — alla canonizzazione del bresciano Paolo VI.
Mons. Tremolada incontrerà venerdì 27 luglio una delegazione della diocesi, si insedierà con ogni probabilità ai primi di ottobre e ieri ha parlato a Brescia attraverso i media locali. Ecco alcuni dei punti salienti che ha toccato parlando nella curia ambrosiana, in piazza Fontana 2
Sentirsi amati e salvati
«Cosa c’è di essenziale nell’opera di evangelizzazione? È la Evangelii gaudium a indurci a puntare sull’essenzialità, a riconoscere ciò che è essenziale. Ed essenziale è l’esperienza di sentirsi amati e salvati da Dio. Dobbiamo fare in modo che tutto ciò che noi facciamo e organizziamo faccia percepire questa carica di vita che permette di sentirsi accolti, amati, consolati. Da questo punto di vista è importante che la nostra attività pastorale raggiunga le persone a partire dal loro volto, dalla loro singolarità. Come Chiesa siamo chiamati a far sì che le persone si sentano accolte per il volto che hanno, amate per l’identità che hanno».
La missione
«Ho superato l’ansia che ha accompagnato la mia nomina, ho provato a studiare la mia nuova diocesi: i numeri fanno impressione. C’è una ricchezza di cui bisogna anzitutto prendere coscienza. La Chiesa deve contribuire oggi a far sentire lo spessore di vita che c’è nell’esperienza quotidiana. Deve sapere quello che si vive facendo emergere quello di positivo che c’è. Serve un’intelligenza non ingenua. Intendo mettermi in ascolto e cominciare da subito a riconoscere ciò che è vitale da ciò che compromette una sana vita condivisa. Penso ad un ascolto che implichi anche scelte condivise. Penso si debbano mettere insieme le migliori energie e farne emergere le potenzialità. Quelli che abbiamo di fronte non sono problemi: sono sfide».
I nemici da sconfiggere
«Oggi ci sono tre nemici da sconfiggere: anzitutto il senso di insicurezza e di precarietà che ci impedisce di essere sicuri di quello che sarà. Poi c’è il senso di solitudine: una società troppo impostata sulla tecnologia, sul profitto, sul consumismo rischia di fare cadere tutti nella solitudine. Infine dobbiamo difenderci dall’indifferenza per effetto della quale si assaggia tutto senza che si gusti molto: le persone vanno aiutate a cogliere il bello della vita».
La visita pastorale fra la gente
«Avrò il piacere di fare la visita pastorale a tutta la diocesi. Abbiamo persone in gamba che mi consiglieranno come farla, ma è mio desiderio intraprenderla. L’incontro con le persone è la cosa più importante. Dobbiamo aiutare i ragazzi a non perdere di vista il valore del rapporto personale: i ragazzi di oggi sono nativi digitali, noi a malapena intuiamo le potenzialità di questi strumenti, ma dobbiamo far capire ai giovani che l’abbraccio non ha corrispondenza nel digitale».
Dialogo fra culture
«L’interculturalità e la società multietnica sono la sfida del nostro tempo. Siamo dentro un cambiamento epocale. La Bibbia, nel capitolo X della Genesi, parla di “tavola dei popoli”. Dio ha voluto l’umanità colorata e la prima umanità era composta da persone diverse. Poi interviene la vicenda della Torre di Babele che rappresenta il tentativo imperiale di omologare la società. Ma questo non deve succedere. Monsignor Tonino Bello parlava di convivialità delle culture e delle differenze. Bisognerà trovare le parole giuste per dire questo. Integrazione? Evoca l’idea di omologazione. Accoglienza? Non si tratta solo di aprire le porte ma di vivere poi assieme. Non bisogna essere ingenui, ma l’espressione che evoca l’amicizia dei popoli è positiva: indica il rispetto delle differenze e invita a creare legami. Dovremo trovare le parole giuste, dare significato alle parole importanti. Ricordando che “cattolico” significa “universale”. Pensare al cattolico come a qualcosa di chiuso significa snaturarlo: essere cattolico significa essere aperto a 360°».
Le religioni e la pace
«Costruire una società multiculturale e multireligiosa non è facile ma non posso non ricordare il cardinal Martini che diceva che il vero dialogo lo faranno le persone veramente religiose. Là dove le persone credono veramente in Dio non può esserci paura: queste persone dialogheranno fra loro. Non è possibile voler bene a Dio e uccidere. Bisogna essere fermi nel riconoscere un atteggiamento che distrugge le religioni. Se invece la coscienza è onesta, e le persone sono di buona volontà, si può dialogare e si possono decidere atti da compiere insieme».
Le tre priorità
«Le mie tre priorità sono il rapporto con il clero, il rapporto con i giovani, il rapporto con i più deboli, cioè tutti coloro che in qualche modo faticano nella vita».
Il messaggio al clero
«Io voglio essere una cosa sola con i miei preti. Negli Atti degli Apostoli è scritto che vescovo e presbiterio sono una cosa sola. Non c’è vescovo senza preti, non ci sono preti senza vescovo. Ogni prete è collegato agli altri, tutti sono collegati con il vescovo e il vescovo con tutti. Mi piacerebbe che quanto dico lo si sentisse come detto da tutti i miei preti. Troveremo un modo di incontrarci».
L’emergenza dei giovani
«Quello dei giovani è il tema su cui come Chiesa siamo più in fatica. La Chiesa fatica a capire come porsi verso la realtà giovanile perché non ascoltiamo abbastanza i giovani. Bisogna capire cosa stanno facendo. Papa Francesco ha parlato di “passaggio epocale”. Non abbiamo strumenti adeguati. Dobbiamo accompagnare i giovani nel loro vissuto, non però come pari. Non possiamo pretendere autorevolezza ma dobbiamo guadagnare autorevolezza. Occorre avere umiltà e pazienza. Dobbiamo imparare a raccontarci ai giovani a partire dal nostro vissuto, da ciò che è stato per noi importante».
Università e oratori
«Per me è stato importante occuparmi di pastorale universitaria. Sono entrato in contatto con le grandi università milanesi, mi sono sentito accolto, mi sono convinto che sono necessarie nuove modalità per raggiungere i giovani. Gli oratori sono una risorsa straordinaria però dobbiamo interagire anche con i giovani che non li frequentano. Dai 19 ai 28 anni tanti giovani frequentano l’Università: come si fa a far emergere la potenzialità generativa di questa fascia? Noi non raggiungiamo la gran parte dei giovani: ne raggiungiamo una minoranza, che è preziosa, ma dobbiamo raggiungere anche chi non frequenta i nostri ambienti».
Figure di riferimento
«Le figure che mi hanno segnato sono stati i grandi papi: Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, che sono sicuro verrà compreso più avanti, Francesco. Aggiungo la figura del cardinal Martini: sono stato ordinato da lui, lui mi ha mandato a compiere gli studi a Roma. Ricordo che durante i sei mesi che trascorsi, dopo la laurea, a Gerusalemme, gli scrissi una lettera lunghissima. Lui mi rispose semplicemente: “Dobbiamo mettere in atto ciò che il Concilio Vaticano II dice della Bibbia”. E fra parentesi citava Dei Verbum, capitolo VI. L’ho letto ed è stato illuminante. Martini sosteneva che la Bibbia sarà il futuro del cristianesimo europeo. Poi ci sono altre figure che mi hanno segnato e sono persone molto semplici: suore, la delegata di Azione Cattolica della mia parrocchia, i miei catechisti, il mio parroco, i parroci con cui ho collaborato da coadiutore, diverse anziane che mi hanno voluto bene. Ho toccato con mano una fede popolare che credo rappresenti un tesoro».
Tifoso acquisito
«Posso dire un’ultima cosa? Ho letto che il Brescia calcio nell’ultima stagione è rimasto più o meno a metà classifica. Bene, io sono milanista ma da oggi il Brescia ha un tifoso in più. E se andremo in serie A suoneremo le campane».
Braccia aperte Le persone devono sentirsi accolte e amate per la loro individualità: i nemici sono insicurezza, solitudine e indifferenza. Essere cattolici è essere aperti a 360 gradi
Lo sport e le rondinelle Io sono milanista, ma da oggi il Brescia calcio avrà un tifoso in più E se andiamo in serie A suoneremo anche le campane delle chiese
Maestri Fra i miei maestri i grandi Papi, il cardinal Martini e tante persone semplici. Farò la visita pastorale per incontrare le persone. Paolo VI santo, il mio sogno