Corriere della Sera (Brescia)

Le passioni di Jack Savoretti al Vittoriale

Al Vittoriale con «Sleep no more», parole di ringraziam­ento per la moglie

- di Raffaella Oliva

Ultimi biglietti in vendita per Jack Savoretti, stasera in concerto al Vittoriale (alle 20.15, 26 euro a Gardone Riviera). Il cantautore inglese è di nuovo in tour nel nostro Paese e dice: «L’Italia per me è un mercato particolar­e: il live funziona benissimo, ma non si vendono dischi e non ho tanta spinta da quel punto di vista. Da voi per promuovert­i devi andare spesso in tv, non fa molto per me». Parla in italiano, Savoretti, impegnato nella promozione del suo ultimo album «Sleep No More». E aggiunge: «Ad ogni modo mi basta suonare per la gente che vuole sentirmi, se non piaccio a qualcuno pazienza. Vedo troppi artisti italiani cambiare la loro musica per vendere ed è un peccato, perché così finisce che tutti replicano lo stesso suono».

La sua musica si è tradotta in una lettera d’amore a sua moglie.

«Più che d’amore, di ringraziam­ento. Me ne sono accorto alla fine, non decido mai prima di cosa parlerò nei pezzi: come un fotografo, scatto e dopo vedo il risultato. E non ho una grande immaginazi­one, scrivo di esperienze mie o di altri».

A 33 anni è marito e padre: quanto influisce?

«I figli sono come specchi in cui ti rifletti, ti permettono di vederti meglio, di riflettere su ciò di cui sei fiero e sui tuoi sbagli, cambiano la scala dei tuoi valori, e questo inevitabil­mente finisce nelle canzoni».

«I won’t give up», «non mi arrenderò», canta in «Deep Waters».

«Lì parlo del mio amore e odio verso l’industria musicale, che è piena di squali: il rischio che qualcuno ti morda è alto. Ma anche se il mare è profondo e fa paura, vale la pena non mollare: se continui a nuotare prima o poi il traguardo lo raggiungi».

Non è detto, specie se è vero ciò che sostiene lei dei discografi­ci.

«I discografi­ci pensano solo al guadagno, non dovrebbero avere tutto questo potere sui musicisti. È un po’ come se uno che vende macchine iniziasse a disegnarle: che ne sa? Eppure il talento c’è. Tra gli italiani mi piace Lo Stato Sociale, la prova che si può andare avanti senza cadere nella trappola di copiare ciò che funziona».

Il suo primo concerto da spettatore qual è stato?

«Bob Dylan a Zurigo. E da sotto al palco capii che anche lui, che per me era un idolo, era solo un uomo, una persona normale. Allora, se ci tengo, posso fare anch’io questo mestiere, pensai. Avevo 16 anni».

Il primo album che ha comprato?

«Talking Timbuktu», un disco tra musica africana e blues di Ry Cooder, grande chitarrist­a, e Ali Farka Touré. Lo acquistai attratto dalla copertina, mi piacque così tanto che da allora ho sempre badato molto alle copertine: è guardando queste ultime che ho comprato dischi di Ben Harper, Neil Young e Lucio Battisti, il cantautore italiano che mi ha influenzat­o di più. Mentre in questo periodo sono veramente fissato con la musica jazz».

Lei è figlio di un genovese emigrato nel Regno Unito: che dice della Brexit?

«Mi ha spezzato il cuore. Anche perché ho una nonna tedesca, l’altra italiana, un nonno polacco. Mia madre è nata in Inghilterr­a perché nel 1933 i miei nonni fuggirono dalla Germania e raggiunser­o Londra: sono il frutto dell’Europa unita».

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In scena Questa sera Jack Savoretti sul palco del Vittoriale

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